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Living architecture: Rachel Armstrong, tra l’altro, parla delle protocellule per rafforzare Venezia

Mentre la nozione di smart city si accavalla con lo sviluppo impetuoso delle opportunità offerte dai media digitali per migliorare la vita urbana, sta accelerando la riflessione sulle conseguenze della biologia nell’urbanistica e nell’architettura.

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In Living Architecture, un piccolo libro scritto da Rachel Armstrong, si descrivono per esempio le possibili utilizzazioni della tecnologia delle protocellule. Spiega Martin Hanczyc, guardando probabilmente un po’ oltre il presente: «Le protocellule possono essere programmate per contenere diversi tipi di chimica e di metabolismo. Possono consumare o produrre selettivamente in un dato ambiente».

Per Armstrong questa tecnologia potrebbe servire in diversi ambienti. Per correggere consizioni chimicamente sbilanciate in un ecosistema, per esempio. A Venezia, dice Armstrong, servirebbero per combattere l’effetto del tempo e del mare sugli edifici: non frapponendo una barriera tra la natura e la costruzione ma aggiungendo dinamiche di ricostruzione e rigenerazione dei materiali e rafforzare il terreno sul quale poggiano i palazzi. (Armstrong correttamente avverte che non tutte le conseguenze dell’utilizzo di protocellule nell’ambiente possono essere per adesso “previste”).

Altri riferimenti:

Città intelligenti, Andrea Granelli, Luca Sossella Editore.

Living Architecture Lab, Columbia University

La foto è tratta da Living Architecture (ma in un senso diverso, non architettura che vive ma architettura da vivere) e mostra la Balancing Barn progettata dall’olandese MVRDV.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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