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Le mani sulla smart city

Abituati al livello di attenzione ed efficienza della classe politica, gli italiani possono nutrire qualche dubbio su chi avrà il potere sulle smart city. Di fronte ai venditori di soluzioni informatiche, dotati di una strategia, di una focalizzazione e di un’energia molto forti, i politici invischiati nelle loro beghe e nel ciclo elettorale rischiano, si teme, di avere un impatto limitato sulle scelte di fondo. E dunque il potere di compiere le decisioni che contano nel lungo termine sarebbe affidato alle aziende private. Non ci sarebbe poi tanto di nuovo. Ma è proprio così?

In effetti, oggi, molto spesso, le mani sulla città sono quelle dei grandi immobiliaristi, quelle delle grandi imprese che contano, quelle dei poteri economici e finanziari. Oppure quelle della criminalità organizzata. Si convive con questi poteri.

Talvolta, invece, i poteri politici sono affidati a persone tanto illuminate e forti che riescono a influire sulla città in modo più significativo dei poteri economici. In quei casi, al limite, si rischia che le aziende dipendano troppo dalla politica.

Il gioco è complesso e non si può ridurre a poche semplici formule.

Ma in realtà sappiamo che è quando le società sono più libere e aperte che le città migliorano e fioriscono. Quando hanno diverse forme di attività economiche. Quando hanno infrastrutture ben organizzate, neutrali nei confronti dei vari poteri economici. Quando le informazioni circolano e le persone si connettono. Quando la comunità conosce il bene comune. Il participatory budgeting non è una soluzione impossibile a questo proposito.

Non c’è la formula magica della libertà. L’introduzione delle tecnologie digitali nelle città aumenta la diversità dei poteri, probabilmente, e apre opportunità, se progettata in modo aperto, chiaro e funzionale: connessione, dati aperti, sensori. Ma è chiaro che non basta: a fronte dei vari poteri pubblici e privati, antichi ed emergenti, la società può contribuire alla propria apertura informandosi e impegnandosi a manutenere il bene comune della conoscenza e del civismo. I civic media sono una strada possibile.

Vedi anche:
Che cosa c’è di smart nelle city
L‘intelligenza delle smart city
Informazione di mutuo soccorso

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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