Parliamo un sacco di start-up di questi tempi. E subito ci mettiamo a discutere di come si potrebbero agevolare o almeno liberare dalle limitazioni imposte da burocrazia e fisco. Ma forse vale la pena anche di distinguere tra i diversi tipi di start-up. Ecco alcune ipotesi, intorno alle quali sarebbe bello vedere le reazioni dei commentatori.
1. Imprese che hanno bisogno di capitale finanziario. Sono votate a generare un prodotto che ha bisogno di macchine e marketing. Devono essere scalabili per remunerare l’investimento. Hanno bisogno di competenze tecniche ma anche manageriali e finanziarie. Si sviluppano meglio se hanno un mercato internazionale. Facilitazioni: un migliore sistema di venture capital e di finanziamento per progetti, per esempio.
2. Imprese che puntano a generare immediatamente un fatturato. Hanno una compagine di soci capace di offrire un servizio appetibile e di trovare fin dalla nascita un insieme di clienti. Si finanziano dunque con il fatturato. Se riescono a mettere da parte un po’ di tempo sviluppano un metodo e un prodotto che le porta verso la scalabilità e la crescita. Altrimenti dipendono dalla capacità di vendita dei soci. Facilitazioni: riduzione delle tasse sugli utili nei primi anni di attività e pagamento dell’iva per cassa, per esempio.
3. Imprese che hanno un grande capitale sociale e svolgono servizi a carattere sociale. Si sostengono con l’aiuto della comunità. Facilitazioni: esenzione dalle tasse dei contributi privati alle attività che migliorano e accrescono i beni comuni.
4) Imprese che, grazie alla facilita` di fare business sul web, non hanno un gran bisogno di capitale per partire, solo il tempo dei fondatori. In questa categoria, troviamo startup web e “app”. Poi, puo` essere utile o necessario un po’ di capitale anche in questi casi, ma spesso e` possibile partire con pochissimo:
Guarda per esempio: http://www.ycombinator.com/
Una facilitazione per cui continuiamo a lottare noi di http://www.srlfacile.org e` quella di ridurre i costi di costituzione delle societa`, e anche tutti i costi di gestione. Il governo Monti ha fatto qualcosa in questa direzione, ma e` ancora troppo poco.
Per quanto riguarda le imprese del terzo tipo (finiscono sempre terze mannaggia)aggiungerei che, essendo spesso di tipo collettivo, fanno leva sugli apporti (cash e in kind) di coloro che sono a vario titolo coinvolti. Incentivare questo tipo di apporti potrebbe costituire un fattore di successo. Ad esempio il fondo Jeremie della Regione Lombardia che cofinanzia e incentiva il versamento delle quote sociali da parte dei soci di coop sociali.
Aggiungerei anche quelle il cui servizio/prodotto è in linea con il trend generale (supportato magari da un po’ di business intelligence) ma non è spendibile prima di un certo periodo (5/7 anni). È un tipo di start up che richiede costanti capitali in perdita (e di solito è supportata solo da gruppi di investimento) e che in Italia si vede pochissimissimissimo…