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Pubblicità molto, troppo personalizzata

Anche la pubblicità può essere troppo personalizzata. Ma questa volta, mi pare che, paradossalmente, sia stata troppo personalizzata dal punto di vista dell’inserzionista.

Stavo giocando a verificare in vari modi la storia della trasformazione di Google in un motore troppo personalizzato della quale si è parlato proprio ieri. La storia secondo la quale se cerchi con il browser con il quale ti sei registrato su Google, i risultati vengono fuori diversi da quelli che emergono se usi un browser con il quale non ti sei registrato. E si scopre che è assolutamente così: se sei registrato i risultati che collegano a Google+ arrivano molto prima di quelli che collegano a Twitter e Facebook. Anche ovviamente cercando Luca De Biase.

In questo caso, però, un risultato era esattamente lo stesso, sia con il browser registrato a Google che con il browser non registrato: la pubblicità. Era la pubblicità di un servizio che propone relatori per eventi. E diceva che un tizio con il mio nome era a disposizione per chi lo volesse. Se quel tizio ero io mi stupisce perché non ho sottoscritto contratti di questo genere. Ricordo che una volta, più di un anno fa mi pare, mi hanno chiamato per chiedermi se ero interessato. Erano anche molto simpatici, al telefono. Ma non se n’era fatto nulla di preciso.

Ho pensato che quello dell’inserzione fosse un omonimo, ma nel sito dell’inserzionista c’ero proprio io. Ed ero proposto a una fascia di prezzo piuttosto bassa… Già… Forse, l’inserzione è una prova di marketing. Nessun problema, in questo caso, naturalmente. Per quanto mi riguarda, un sorriso è sufficiente.

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  • Oppure c’è un parallelo con i medicilani farlocchi o le borsette false pubblicizzate spudoratamente. Google ha pagato in quei casi, tu che fai? Ti pieghi?

  • Sono totalmente d’accordo e penso che l’aumento del successo di Google+ sia direttamente proporzionale al decadimento di Google come motore di ricerca.

  • Ci sono dei portali che riescono a “fregare” Google restituendo esattamente le chiavi di ricerca…
    Capita spesso con i download, troverai siti in cui viene “risputata” un’ulteriore ricerca con le stesse keywords. In pratica entri nel portale e trovi che le tue chiavi di ricerca vengono riproposte in una formula tipo “cerca Luca De Biase con xyz” e sotto hai una lista di link farlocchi che non c’entrano nulla, talvolta dissimulati.
    Non sono a conoscenza di come facciano a fare questo scherzo. Ma il problema in questo caso non è direttamente Google. C’è chi gioca con il motore di ricerca per far cadere utenti ignari nel sito e generare revenues con gli annunci. Oppure dirottarli su siti che cercano di far eseguire codice malevole o altre cose poco piacevoli… Tutto qua…

  • Stavo ragionando sul post di prima e sono curioso di avere qualche dettaglio in più.
    Qui sul post hai allegato lo screenshot della SERP – search engine results page. Mi chiedo, entrando nella pagina il sito faceva esplicito riferimento a te fra i loro collaboratori?
    Mi pare di capire di si (quindi puoi intimargli di non farlo più, ma naturalmente lo sai già). Quegli annunci che vedi, sicuramente ne sei al corrente in ogni caso, sono gli AdWords. Le pubblicità contestualizzate con la ricerca sono molto potenti perché propongono all’utenza quello che cercano quando lo cercano, al contrario di un banner. Google ha ampliato nel tempo l’area occupata dagli annunci perché evidentemente portano buoni ricavi. Per l’azienda per cui lavoro ho preparato una campagna recentemente.
    Il testo che vedi dalla SERP si configura, è un annuncio ed è anche possibile configurarlo in modo che restituisca i termini di ricerca nel titolo o nella descrizione. Praticamente è possibile che cercando “Gianni Riotta” troverai lo stesso annuncio con il nome del vecchio direttore del Sole. Per collegarla alle tue keywords basta inserire vari set di parole e gestire la corrispondenza (praticamente puoi chiedere al sistema di restituire l’annuncio quando si presenta un’esatta sequenza di parole ovvero una corrispondenza più elastica).
    Da settembre 2010 è possibile anche utilizzare come keywords il brand di un concorrente, in ogni caso Google non si assume la responsabilità di eventuali rivalse.
    Per chiudere questo wall of text, voglio solo puntualizzare alcune cose: 1) AdWords esisteva già e G+ non lo ha influenzato perché la “sinergia” fra l’engine e il social network si manifesta nella zona sotto gli annunci e 2) che puoi rivalerti contro la società per lo sfruttamento improprio del tuo nome. Insomma capisco il disappunto o il sorriso per la vicenza, ma qui stiamo parlando di roba vecchia non della polemica fra Google e Twitter.. BigG ora c’entra relativamente.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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