E dunque da qualche tempo si discute della trasformazione di Google. Da motore di ricerca basato su un algoritmo abbastanza segreto ma fondamentalmente trasparente che serve a trovare i link alle pagine più rilevanti, starebbe diventando un motore di ricerca che trova link alle pagine rilevanti ma privilegiando quelle dei suoi servizi rispetto a quelle della concorrenza. In particolare, privilegierebbe le pagine che si trovano su Google+ rispetto a quelle che si trovano su piattaforme come Facebook e Twitter. Questo video (fatto dai concorrenti) lo mostra:
Quintarelli se n’è già occupato. E Paolo Ratto ha analizzato il fenomeno in diverse occasioni.
Google sostiene che l’inserimento delle pagine “social” nel motore di ricerca ne arricchisca i risultati. Ma ne sta anche modificando il senso, almeno se è vero che allo scopo di promuovere Google+, i risultati generati da Facebook o Twitter vengono messi in secondo piano anche quando sono “oggettivamente” più rilevanti.
Yahoo! ha cominciato a perdere quando ha moltiplicato gli sforzi per tenere gli utenti dentro il suo “portale”. Altavista ha cominciato a perdere quando è arrivata un’alternativa in grado di dare risultati più rilevanti. Google ha stravinto nei primi dieci anni del nuovo millenno. Ed è riuscita sempre a non lasciarsi intrappolare nella gabbia dell’autoreferizialità commerciale. Un eccesso di sfruttamento del suo fantastico servizio potrebbe ritorcersi contro la stessa Google. Purché ci sia un’alternativa. Qualcuno dice che sarà la coppia Microsoft-Facebook. Sarebbe un bizzarro ritorno al futuro. Altri sperano in nuove soluzioni ancora nella mente dei loro creatori.
Ma un fatto è certo. Se si dovesse implementare una regolazione della net neutrality favorevole ai grandi servizi capaci di spendere molto per ottenere condizioni vantaggiose dagli operatori di rete (vedi un post precedente), l’accoppiata di autoreferenzialità commerciale dei grandi servizi e di maggiori costi per le alternative emergenti potrebbe essere la premessa di una quantità di problemi per gli utenti. Che si potrebbero difendere solo impegnandosi a fondo per informarsi davvero su queste intricate vicende.
Anche per queste strade, la Filter Bubble avanza e si trasforma in qualcosa che rischia di essere vagamente manipolatorio. La consapevolezza, in questo momento, è la strada maestra per le persone che non si lasciano abbagliare. E la sperimentazione di nuove piattaforme si può prendere sempre più concretamente in considerazione. Chissà se nei commenti emergeranno dei consigli in proposito…
ed è finita anche la democrazia di google!!!
Luca,
noi non siamo clienti di queste imprese, ma siamo i fornitori a titolo gratuito di materiale informativo che poi loro convertono nel nuovo oro. I motori di ricerca sono come delle escavatrici che ci portano in superficie le risposte alle nostre domande. Quando ordinano i risultati devono fare delle scelte, pertanto non sono mai neutrali.
È un servizio offerto gratuitamente da privati. Non possiamo pretendere di conoscere le regole d’estrazione, ma dobbiamo vigilare… Qui su Nòva c’è un po’ di più: http://massimochiriatti.nova100.ilsole24ore.com/2011/11/attenzione-alle-raffinerie-digitali-1.html
@massimo certamente hai ragione, ma favorire il proprio network e chi c’è sopra a prescindere non è tanto bello…