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Dopo l’iniziativa Apple per l’editoria scolastica

Una specialità della Apple è probabilmente quella di “pensare per sistemi” e posizionare i suoi prodotti e servizi in modo strategico in quei contesti. Il caso della musica è di scuola ormai: dopo cinque o sei tentativi davvero importanti e non riusciti di combinare il business della musica con la rete digitale condotti da aziende tecnologicamente molto avanzate, è stata proprio la Apple a trovare la soluzione. Con quel mix di servizio onlne e device mobili, di facilità e bellezza, di passione e governo del sistema che ha fatto dell’accoppiata iTunes-iPod il centro strategico del nuovo business della musica. In modo analogo ha funzionato l’accoppiata AppStore-iPhone nella telefonia mobile. E l’iPad cerca di essere qualcosa di simile in altri settori, tra i quali l’editoria scolastica (vedi un post precedente e la successiva discussione).

Ma ce la fa anche questa volta, la Apple? O ha sbagliato qualcosa?

Primo modo di vedere la novità. Un signore sa di poter insegnare molto bene qualcosa a qualcuno. E scrive un manuale, un libro di testo, un oggetto divertente e divulgativo. Mette insieme un po’ di materiale di supporto, come foto e video, aggiunge un po’ di sale, assembla il tutto con il software gratuito iBooks Author, si fa accettare dalla Apple per vendere la sua opera sull’iBookstore e guadagna il 70% del prezzo di vendita. Più o meno. Con un normale editore avrebbe tipicamente guadagnato il 10% o meno. Apple si impegna a combattere le duplicazioni della sua opera. Sembra l’inizio di una disintermediazione/reintermediazione. A meno che gli editori non riescano a far valere molto il loro apporto di garanti della qualità e di vendita nelle scuole. Peraltro, il prodotto dovrebbe apparire piuttosto bello sull’iPad, con costi limitati.

Secondo modo di vedere la novità. La Apple approfitta della sua favorevole posizione nel mercato dei tablet (meritatamente conquistata, per la verità) per costruire un mercato chiuso di libri di testo. Chi usi la sua tecnologia deve restare nella piattaforma Apple. Con una licenza che cambia profondamente il tipico modo di usare il software di produttività che stabilisce: se fai un libro con il software che ti regalo lo puoi regalare a tua volta, ma se lo vendi devi dare alla Apple una quota del guadagno. Un po’ come se la Microsoft regalasse Word ma obbligasse tutti quelli che fanno soldi con i testi scritti in Word a dare una quota alla Microsoft. Le critiche sono state asperrime: da Dan Wineman a Ed Bott.

Le reazioni all’annuncio della Apple sull’editoria scolastica si sono girate progressivamente al pessimo. La Apple prosegue sulla strada di costruirsi un ecosistema tutto suo. Certo, si è conquistata la posizione di vantaggio nei tablet innovando prima e meglio di tutti gli altri. E ha interpretato il suo ruolo da un punto di vista sistemico molto intelligentemente. Forse ha chiesto troppo a chi è abituato a pensare alla tecnologia come un mezzo e non una piattaforma totalizzante. È pur vero che un autore può sempre assemblare la sua opera con iBooks Author e seguire le regole di Apple, ma riassemblare la stessa opera in altro modo e con altro software per commercializzarla in altro modo. Ma sta di fatto che i compratori di tecnologia non erano abituati a una licenza come quella di iBooks Author.

Quello che resta:
1. un vantaggio della Apple per la produzione di libri di testo innovativi, basato sul vantaggio della Apple nei tablet; ma questo vantaggio fatalmente si eroderà man mano che arriveranno a maturazione altre piattaforme (per adesso i concorrenti sono piuttosto indietro, ma Amazon incalza)
2. finalmente ha inizio la produzione di libri di testo adatti alla distribuzione e fruizione digitale con attento studio dell’interfaccia e alta fruibilità; si tratta di una strada molte volte tentata ma che questa volta potrebbe avere più chance di decollare
3. un aumento della libertà di manovra degli autori in cerca di un mercato internazionale e una rinnovata messa in discussione del ruolo degli editori.

Non sappiamo se la pessima impressione fatta dalla licenza Apple finirà per frenare il successo di quell’azienda. Ma sappiamo che l’annuncio della Apple potrebbe aver scatenato la verve innovativa in questo settore, sia degli autori che degli editori. Nell’editoria scolastica i costi di produzione cartacea sono enormi e il vantaggio industriale del digitale è evidente. Finora non c’erano gli strumenti per creare un mercato vero di queste soluzioni, ma con l’avvento dei tablet e dei mercati online la situazione è cambiata. La Apple forse non sarà per sempre al centro di questo nuovo settore, ma ancora una volta la sua visione lo ha descritto per tutti in modo attento alle varie sfaccettature del sistema. E ha aperto nuove opportunità per quel mondo che sta al confine tra la tecnologia e l’industria culturale, generando attenzione, curiosità e disponibilità all’acquisto nel pubblico.

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  • Dunque Luca, il mio punto di vista – da editore digitale scolastico (Garamond) – è che l’iniziativa di Apple ha prima di tutto un grande merito: quello di far capire a tutti gli oligopolisti del settore (in Italia sono 3 o 4 che si dividono fra loo il 70% di un mercato chiuso e protetto che vale 800 ML di Euro ogni anno…) che il tempo della vendita di carta per studiare a scuola è forse davvero finito. Soprattutto se tali enormi ricavi (cash e ricorsivi ogni anno: una vera rendita) si basano su un concetto di “proprietà intellettuale” privata, artificiosa in quanto applicata al bene comune della conoscenza disciplinare scolastica. La conoscenza, in rete e in formato digitale, non è più un bene scarso, e dunque il punto di valore non può essere più il contenuto in sé ma il servizio. Questo non *vuole* essere capito ed accettato dagli editori scolastici tradizionali (“dead trees publishers”), mentre nella realtà educativa più attenta e consapevole delle dinamiche di rete è sempre più un dato acquisito. Visto che si parla tanto di liberalizzazioni, perché non liberalizzare anche il mercato dei libri di testo, abolendo l’obbligo dell’adozione e lasciando gli insegnanti liberi di utilizzare ciò che vogliono?
    Il secondo punto è che Apple lancia il sasso nello stagno e poi ci si lega con una corda, affondando con la sua stessa proposta: non si può incentivare la produzione di contenuti dal basso dei docenti, disintermediata, e poi blindare tale produzione in un formato chiuso e proprietario. E’ vino nuovo (digitale) in otri vecchi, quelli dell’idea proprietaria del sapere scolastico.
    La soluzione? Incentivare la produzione dal basso e collaborativa di contenuti didattici digitali, fruibili su ogni piattaforma e device, e soprattutto *aperti* e liberamente modificabili e integrabili da docenti e alunni, in un contesto di conoscenza come bene comune.
    Il ruolo dell’editore, in questo contesto profondamente rinnovato, non è più quello di distribuire oggetti chiusi e proprietari (atomi o bit, poco importa), ma quello di valorizzare il bene scarso che è capace di creare e gestire, ovvero: animare comunità di rete, avere una reputazione, richiamare attenzione e amministrare accessi a piattaforme e eventi dal vivo (lezioni, ripetizioni online, giochi didattici, verifiche ecc.).
    Noi ci stiamo provando, in un contesto ostile di quasi totale isolamento da parte dei cartelli noti, ma con il supporto convinto di una larga base di insegnanti, dirigenti e studenti.

  • Scusate, sarò un vecchio dinosauro, ma non riesco a capire questo modo di procedere.
    Leggo solo post che si chiedono: a. se apple non è disonesta a fare una piattaforma proprietaria; b. se non è abbastanza evidente il vantaggio economico del digitale sul cartaceo; c. se non sono farabutti i vecchi editori di scolastica, con le loro posizioni di rendita.
    Ma non c’è nessuno che si chieda se davvero gli studenti impareranno di più, o almeno tanto quanto imparano ora, e riusciranno a studiare meglio su supporti digitali che su supporti cartacei? Ci sono studi scientifici in materia? Esistono classi sperimentali delle quali si sia sperimentato l’apprendimento? Ci autoincensiamo come età innovativa e scientifica ma continuiamo ad accettare dogmi e idoli senza rendercene conto. Io noto che dall’avvento di internet di massa le conoscenze medie degli studenti italiani sono calate sensibilmente: gli studenti non capisocno ciò che leggono, non sanno scrivere, non sanno strutturare il pensiero. Passano ore sui social network, sui videogame online e troppo poco tempo a studiare. I tablet non saranno una scusa per perdere ancora più tempo?
    Son domande tanto cretine?

  • I booksAuthor é una bella novità ma, a parer mio, non va nella direzione di ciò che mi sarei aspettato da Apple.
    Rimane un “libro” digitale seguendo tuttavia una vecchia traccia di sviluppo e inzuppandola di ottimi integrazioni audiovisive (animazioni, clip video ecc) che purtroppo sono assai costose quando un bravo autore ipotizza di vendere la propria opera.
    Lavoro da anni nel settore didattico audiovisivo e parlo per esperienza… Personalmente nel prossimo futuro vedo degli editori stranieri (anglosassoni) che colonizzeranno i paesi del sud europa con i propri libri ricchi di risorse digitali perché, da decenni, quegli editori lavorano con produttori di didattica audiovisiva, cosa che l’Italia non ha mai pensato di fare (non citatemi RAI EDUCATIONAL..per favore). Insomma una globalizzazione mono-culturale che sarà effettiva (senza escludere che sia benefica!)
    Gli studenti italiani hanno una classe di docenti (+ editori, + istituzioni + politica) che di questa interattività e di tutta questa tecnologia in campo didattico sono spaventati e, semplicemente, non la usano e non la utilizzano a scuola (parlo per esperienza: nessun professore del liceo artistioco dove frequenta mia figlia utilizza dvd, risorse digitali ecc. allegati ai libri cartacei). Garamond, che stimo e apprezzo, é una casa editirice che fa eccezione (appunto!).
    Allora é evidente che i giovani utilizzano questi strumenti solo per svago e divertimento.
    Forse non apprenderanno molte nozioni ma credo che questa socializzazione “produrrà” cose buone (vedi rivoluzione araba).

  • Su Amazon la possibilità di caricare e vendere e-book autoprodotti, senza l’intermediazione di un editore, è già presente da diverso tempo.. in questo articolo del guardian(ripreso da ilPost.it) si racconta il caso di una ragazza che è diventata milionaria vendendo il suo libro su amazon dopo essere stata rigettata da molte case editrici.. il nuovo sistema Apple in cosa differisce da quello Amazon?
    Il kindle, inoltre, in un ottica di diffusione scolastica, costa immensamente meno di un Ipad!
    L’articolo su guardian: http://www.guardian.co.uk/books/2012/jan/12/amanda-hocking-self-publishing
    L’articolo su ilpost:
    http://www.ilpost.it/2012/01/16/amanda-hocking-ebook/

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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