Quando stava arrivando il Duemila, a pochi giorni dal più importante capodanno degli ultimi mille anni, Renzo Piano ammetteva di essersi sentito imbrogliato. Perché nel corso della sua vita si era lasciato prendere dall’idea simbolica di un Duemila fantascientifico, un’epoca in cui il progresso e la tecnica avrebbero creato una vita completamente diversa… Quando stava arrivando, il Duemila, si capiva benissimo che non sarebbe stato così.
Ma non era un imbroglio. Era la difficoltà di comprendere la molteplicità delle durate del tempo sociale, la convivenza delle strutture storiche che cambiano lentamente e delle congiunture che accelerano e rallentano alternativamente, come spiegava Fernand Braudel…
E naturalmente Renzo Piano ne sorride un po’, di quella parola imbroglio, quando non la pensa come una vera e propria manipolazione ideologica derivata dall’idea industriale di progresso che ha poco a che fare con la sostenibilità ambientale, sociale e culturale cui il maestro si ispira. Renzo Piano racconta il suo mestiere con la consapevolezza di quanto siano importanti le conseguenze di quello che fa. Nel mestiere dell’architetto c’è la congiuntura economica e la lunga durata. Quello che si costruisce resta. E si impone alla storia successiva…
La responsabilità dell’architetto è uno di quei libri che mentre si legge fa venire voglia di parlarne. Un paio di interviste, una cortissima e una lunghissima, di Enzo Siciliano e Renzo Cassigoli. In queste, Renzo Piano parla di architettura. Ma in modo tanto intenso da aprire la mente anche a chi, pur non essendo architetto, si accorge che ciò che fa ha delle conseguenze e incide in modo strutturale sul mondo che stiamo costruendo.
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