Oggi, a Firenze, alla casa della Creatività, si riflette sulle conseguenze del web intorno ad alcune grandi questioni: inclusione/esclusione, potere/cittadinanza e individuo/comunità. Il programma. Questo post serve per mettere insieme un po’ di link e qualche appunto a supporto della terza tra le conversazioni citate.
Probabilmente il web ha aumentato il peso, accelerato l’evoluzione e concentrato il dibattito sul lato collettivo delle dinamiche sociali. Il che è avvenuto nell’ambito di una quantità di fenomeni storicamente coerenti: dalla moltiplicazione degli umani sulla Terra alla globalizzazione della loro organizzazione economica, la storia si è incaricata di rendere sempre più necessario un insieme di strumenti per il coordinamento tra le persone.
La nozione di intelligenza collettiva è in fondo un’ipotesi difficilmente verificabile alla cui formulazione si arriva per intuizione. Si può supporre che esista un’intelligenza collettiva ogni volta che si vede un gruppo di individui perfettamente coordinati da una sorta di pensiero cui ciascuno si adegua e sul quale nessuno di loro sembra in grado di individualmente influire. L’esempio della finanza è il più evidente. Ma non ne mancano altri, come dice David Lane, studioso della complessità.
Thomas Malone, all’Mit, si occupa di vedere se l’intelligenza collettiva si può migliorare. Di certo, quando parliamo di “pensieri collettivi”, supponendone l’esistenza, non possiamo non vedere quanto arretrato e arcaico possa essere, e in generale sia, il comportamento collettivo che ne discende. Ezio Manzini vorrebbe influire su questo con il design dei servizi. Avviene che gli strumenti per la connessione degli individui siano sempre più sofisticati alimentando l’importanza delle riflessioni di Albert-László Barabási, Alex Pentland, Carlo Ratti e altri, che usano i telefonini e i sensori per studiare il comportamento delle persone nei loro spostamenti e nelle loro relazioni. Giacomo Rizzolatti e il suo gruppo hanno aperto la strada allo studio della dimensione collettiva del cervello individuale, con la scoperta dei neuroni specchio.
E del resto l’evoluzione delle previsioni del tempo è un chiaro progresso del coordinamento affidato alle macchine. Come l’evoluzione delle strategie di memorizzazione è un chiaro motivo di preoccupazione che invita alla riflessione in vista di un necessario adattamento.
Sono tante e tali le discussioni sul “progresso” del lato collettivo che forse è un motivo di sofferenza per l’individuo e il pensiero individuale. Dal quale, in fondo, sono uscite finora alcune delle cose migliori che il genere umano è riuscito a generare.
Istituzioni, meccanismi collettivi, piattaforme sociali, tradizioni, legami di amicizia, di vicinato e parentela, sembrano grandi vincoli alla libertà individuale e alla sua creatività.
Forse dobbiamo dedicare più tempo e attenzione al progresso del pensiero individuale. E una “terapia” può essere quella di concentrare l’attenzione e la pratica quotidiana su alcune dimensioni intellettuali che uniscono il collettivo e l’individuale ma lasciano ampio spazio al contributo del pensiero delle singole persone.
1. il racconto delle storie
2. il pensiero progettuale
3. il metodo scientifico
In ogni caso, nelle diverse fasi storiche si accentua l’individuale o il collettivo. E la ricerca dell’equilibrio è infinita. Albert Camus vede una sorta di storia dell’accentuazione tra il collettivo e l’individuale e la descrive con il linguaggio che si usa nelle diverse condizioni.
Albert Camus discute la sua Peste osservando che pochi hanno notato come il suo linguaggio cambi nelle cinque sezioni delle quali è composta quell’opera. Camus ha scritto in modo da fare emergere le storie individuali nella prima parte. Poi progressivamente, mentre avanza la peste, scrive in modo tale da dare l’impressione dell’aggregazione della comunità di fronte al fatto che la sta colpendo. E torna a usare un linguaggio individualistico quando la peste progressivamente passa.
La parola costruisce comunità. O racconta individualità. Possiamo scegliere come parlare. Una società ha bisogno di essere consapevole di come parla.
È un regalo del primo dell’anno questa lezione nella quale Camus racconta questi suoi pensieri (e spero proprio che nessuno vorrà contestarne la condivisione, in mp4, qui): AlbertCamus-LaPeste.m4a.
Alcuni link su questo blog:
per la verità c’è molto da fare
chi retwitta i rumors e la qualità dell’intelligenza collettiva
essere stati è ancora una condizione per essere
un vero regalo, grazie! Lo stile di Camus è solo apparentemente semplice, anche se personalmente gli preferisco Céline, un altro mondo. Hai letto Voyage au but de la nuit in francese? Una lingua gergale eppure coerente, lettura ardua quanto poche altre. In italiano, raccomando caldamente la traduzione di Ernesto Ferrero.
Riflessioni davvero interessanti. Vedo che, spt tra i giovani, c’é troppo poco pensiero verso i temi più grandi dell’internet. Vedo se riesco a fare un salto alla casa della creatività oggi…
Grazie Luca!
Utilissime informazioni che cercherò di includere nella mia riflessione Vivere 2.0 di cui parlerò a Treviso durante Blob 2.0
a presto