Questo è un insieme di appunti nato da una discussione letta online su web, apps ed editoria.
Massimo ha ragione. In generale vincono i sistemi che sviluppano un effetto-rete e in generale i sistemi che sviluppano un effetto-rete sono aperti. Perché una tecnologia o un servizio che funziona in rete vale geometricamente di più man mano che crescono i suoi nodi. Un sistema del tutto privato e che sia usato completamente secondo le regole del suo proprietario genera probabilmente un ecosistema meno ricco, in termini di sviluppatori e utenti, di una tecnologia aperta della quale tutti si sentono fondamentalmente proprietari. Questo dipende dal fatto che il monopolista privato è tentato di concentrare il vantaggio su di sé. Ma la regola non è priva di eccezioni.
Windows è stato per anni uno standard di fatto, proprietario e chiuso quanto bastava per massimizzare il vantaggio della Microsoft. Non è stato mai battuto direttamente. Casomai aggirato dalle funzioni di sistema operativo che si sono sviluppate sul web le cui regole e la cui proprietà sono decisamente uno standard pubblico. Sul web si possono pubblicare oggetti chiusi e oggetti aperti. Il loro successo è funzione degli obiettivi di chi li propone.
Facebook è una piattaforma chiusa e proprietaria che è nata grazie all’apertura del web e che ha chiuso nel suo recinto una quantità di applicazioni e comportamenti tale che AllThingsDigital dice che la rete si espande solo per via di Facebook mentre per il resto si restringe. Può essere un’altra bufala come quella di Wired che sosteneva che le apps stavano superando il web. Oppure può essere una nuova fase di proprietarizzazione della tecnologia, tipo Windows. Del resto, Google coltiva la sua grande forza sulla base dell’apertura del web ma è accusata di chiuderne una parte con una grande quantità di piccole mosse. E la Apple ritaglia una parte del web per creare un suo mondo a parte, come ha sempre fatto: in cambio di un grande vantaggio in termini di valore d’uso riduce un po’ di gradi di libertà per gli utenti della rete. Anche queste soluzioni possono vincere o perdere. E la concorrenza tra aperto e chiuso continua.
Quello che conta non è tanto valutare quanto sia chiusa una particolare soluzione, ma quanto sia aperto l’ambiente nel quale tutte le soluzioni, più o meno chiuse, si confrontano. Perché solo l’apertura fondamentale dell’internet consente di pensare che per ogni tecnologia chiusa possa sempre nascere un’alternativa aperta che diminuisca la tentazione del monopolista di approfittare troppo del suo vantaggio.
Nel caso delle apps per leggere le notizie, l’eccesso di chiusura di Apple ha ridato fiato al concetto di webapp al quale gli editori come il Financial Times stanno dando finalmente importanza. E non a caso la Apple ha ridotto le sue pretese proprio dopo l’annuncio dell’Ft di andare avanti con la webapp.
Che cosa sono le apps per leggere i giornali? Modi per organizzare la lettura in modo adatto allo strumento che si ha in mano. Sul web in ufficio si va di fretta, sul cellulare ancora di più, sul tablet si può passare un po’ più di tempo per leggere comodamente. Il design ne tira le consequenze. Ma le app sono software nient’altro. Non sono necessariamente apps per Apple o Google. E possono a loro volta essere aperte come il browser e il web. Che queste sperimentazioni non abbiano ancora generato grandi cambiamenti nelle percentuali di utenti che leggono i giornali, come segnalano Giornalaio, Massimo e Quinta, è del tutto probabile ed era del tutto prevedibile. Ma anche qui: se le webapps aperte vinceranno sarà perché i sistemi proprietari si saranno comportati in modo svantaggioso per i loro utenti e per gli sviluppatori.
La chiusura della Apple ha aperto la strada a una nuova tecnologia, o meglio ha portato a una tecnologia che molta gente ha pensato di comprare. Una volta cresciuta la base installata e aumentata la quantità di concorrenti che fanno tablet si è anche moltiplicata la quantità di sistemi operativi. Il browser è restato l’elemento unificante sul quale gli sviluppatori possono investire minimizzando lo sforzo. Anche gli editori possono pensare di seguire questa strategia e fare webapps.
Il tema non è contrapporre web e apps. E non è calcolare quanti usano le apps. Il tema è fare servizi che vadano prima a vantaggio di chi li usa poi di chi li fabbrica. Imho.
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