Ieri, Antonio Pilati ha fatto un discorso piuttosto razionale sulla questione del rapporto tra media digitali ed editoria. Niente di imprevedibile, ma ben ordinato:
“1. Non è un processo nuovo. E’ un processo partito dal 1981 (introduzione del pc), andato avanti con la progressiva digitalizzazione della società, cresciuto a valanga.
2. E’ una rivoluzione che non riguarda solo l’editoria ma tutta la società, dalla finanza alla biologia. E’ una rivoluzione paragonabile alle rivoluzioni agricola, industriale, scientifica.
3. Non uccide il vecchio, ma cambia le gerarchie. Cambia l’importanza relativa dei componenti del sistema. E certamente in questa fase sono favoriti i sistemi che “gestiscono le rotte” nel vasto mondo dei possibili contenuti disponibili (Google, Apple, Facebook).”
Il discorso è stato proposto nell’ambito di un convegno all’Assolombarda.
Il primo intervento era stato quello di Alberto Meomartini che aveva citato il caso del poeta russo Majakovskij che era favorevole alla rivoluzione bolscevica anche se come effetto collaterale gli bruciava i libri.
Il keynote è stato affidato a Peter Osnos, PublicAffairs Books e Columbia Journalism Review, che ha detto:
“Due fenomeni dominano le tendenze nell’informazione e nell’entertainment e vanno assolutamente compresi:
1. Il potere della scelta. Ciascuno è il proprio caporedattore.
2. On demand delivery. Ciascuno ha il controllo sul timing e il format del contenuto che vuole consumare”.
Per Roberto Briglia, Mondadori, questo significa radicalizzare il processo di innovazione nelle aziende editoriali pur sapendo che esse sono portatrici di un’istanza giustamente tradizionale. Comprendendo che tutto oggi si gioca sull’economia della relazione con il pubblico e dunque cambia il contenuti, l’organizzazione del lavoro, il modello distributivo. Si è avvertita nelle parole di Pratellesi, Barabino e Magrini la consapevolezza che tutto questo è altrettanto una crisi e un’opportunità. Confalonieri ha detto che prima di tutto c’è l’impresa: “fare cioccolatini che vengano amati”.
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