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Iranq

“E’ stato un errore madornale destituire Saddam nel marzo 2003, distruggere l’apparato militare iracheno, dimostrare la totale impotenza dei religiosi sciiti moderati e creare un altro vuoto che l’Iran poteva agevolmenet colmare. Gli Stati Uniti hanno di fatto donato all’Iran un altro paese arabo, un’altra gemma per la corona imperiale dell’Iran”

Lo scrive Robert Baer, in Iranyana.

Baer sembra fondamentalmente convinto che l’America debba abbandonare l’Iraq. Ormai il danno è fatto e non si rimedia restando con delle truppe da quelle parti. Intanto, George Friedman pensa che sia meglio abbandonare l’Afghanistan (se non capisco male). Il problema è la politica interna americana.

Dunque, il problema è di visione. E di spiegazione della visione agli americani.

La visione degli anni Novanta, forse sintetizzata nel concetto di “guerra tra civiltà”, nata all’indomani della fine della Guerra Fredda e in sostituzione della visione dei due blocchi (capitalismo e comunismo), è stata superata dalla storia. Così come l’idea che la globalizzazione sia una conquista del mondo da parte del sistema americano.

A quanto pare, gli avversari degli americani non sono particolarmente idealisti e non sono centrati su un conflitto di civiltà. Sono pragmatici. Come l’Iran di Baer, come la Cina, come forse la Russia. E la globalizzazione non è l’americanizzazione del mondo. Ma una vera e propria scacchiera complessa nella quale si vince solo se si hanno ben chiari gli obiettivi e li si persegue in modo pragmatico.

Gli idealisti, come i no global e i religiosi americani, non servono molto a capire come stanno le cose. Gli iraniani non sono una teocrazia, ma un regime militare (dice Baer). I cinesi non sono comunisti ma un sistema economico-politico estremamente efficace. Entrambi i sistemi riescono a espandere le loro aree di influenza e a colonizzare altri paesi e altri territori. Gli americani invadono con logiche antiche e perdono le guerre.

Il confronto di civiltà è un concetto troppo alto e astratto. Aiuta i radicali idealisti, ma non le popolazioni occidentali. Fa paura – come il terrorismo – ma non è pratico.

Ma una parte della questione ideale, tradotta in termini pragmatici, va assolutamente recuperata. Se gli occidentali vogliono avere una chance devono rigenerare una visione concreta dello stato del mondo e agire con coerenza.

Il che significa, prima di tutto, tornare a riflettere sulle radici del loro softpower, della loro autorevolezza e influenza. Sembrare stupidi e perdenti non è una premessa di vittoria. E non conduce a nessuna forma di stabilità, per non dire di pace.

E altre letture citate in breve:
Schirrmacher, il valore della domanda giusta
Pollan, cibo da leggere
Yunus – business sociale
DeBaggis – community
Carr – internet
Ito – freesouls
Potter – design
Patel – il valore
Sun – media cinesi
Dazieri – gorilla
Conner – scienza popolare
Brokman – ottimismo

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  • Il Grande Gioco è ancora lungo. Baer è della stessa razza di quelli che nel 1978-1980 dicevano che ormai l’URSS aveva vinto (e per portarsi avanti, non stavano nè con le BR nè con lo Stato, ma facevano le scarpe a Tobagi e facevano carriera, che non guasta mai). In Iraq l’Iran riesce solo a bloccare la nascita di un nuovo governo e gli americani si apprestano alla soluzione coreana (presenza militare a tempo indefinito), come stanno chiedendo gli iraqeni stessi. L’unico che può fare come dice Baer è Obama se finirà di dimostrare la sua nullità. Ma novembre è vicinissimo, e il 2012 pure.
    Come dice in Kipling un indiano “Quando tutti saranno morti allora il Grande Gioco finirà, non prima”.

  • Ah, dimenticavo, le visioni di Baer e di Friedmann non è che si sommano. Friedmann dice: il pericolo sistemico non è Al Qaeda ma l’Iran e la Cina. L’Iran a breve e la Cina a medio termine (Friedmann in realtà pensa che il pericolo a lungo non siano nè l’uno nè l’altra ma una combinazione di Messico, Turchia e Germania turchizzata, ma questo è un altro discorso). Il problema afghano esiste in quanto e fino a quando quel Paese può essere base per Al Qaeda. Friedmann dice: lasciamo che se ne occupino i pakistani, che hanno un bisogno disperato dell’America, magari in condominio con i Russi. Legniamo Al Qaeda con i droni. Invece in Iraq teniamo un corpo d’armata da 50000 uomini (lo stesso che stava in Germania, BTW), 200 aerei da combattimento (idem) e con quelli teniamo in scacco gii iraniani, rassicuriamo gli arabi e mettiamo paura alla Siria. Strategia “realista” vera. Quella di Baer è una cosa ridicola che non si basa sui dati sul campo, ma sul suo wishful thinking. Sempre alla ricerca di un nemico da amare.

  • Marco lo hai letto Il Signore Delle Mosche ?
    Lo scenario da “fino all’ultimo uomo” e l’irrisione per la ricerca del “nemico da amare”, con la visione “realista” del mondo mi suggeriscono che potresti trovarvi temi pertinenti al tuo sentire
    A me piacque molto

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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