Come non leggere con attenzione questa dicotomia tra le due scuole di pensiero che Stijn Debrouwere vede nella valutazione su quanto sta accadendo al giornalismo?
- “The old school reads about the current state of journalism in their union newsletter, while youngsters are browsing the Nieman Journalism Lab.
- The old school complains about how we’re not covering justice and
national politics the way we used to, while a new generation is upset
that so many journalists look down on regional and local news. So much
potential in hyperlocal. - The old school is shocked when a journalist takes sides, while most of us will nod when Jay Rosen says that it’s only fair for journalists to be transparent about where they come from, rather than faking objectivity and pretending to be neutral when they’re not.
- The old school laments the decline of investigative journalism, while the new school is thinking up new ways to hold people in power accountable, and to catch them when they’re lying.
- The old school would wish the government intervenes to support
quality journalism, whereas we’d rather win the support of our fellow
citizens through Spot.Us and Kickstarter. - The old school regularly reminds us that our readers are stupid, whereas the internet generation knows that our obsessive focus on breaking news is hardly congenial to people who wish to understand the broader issues facing our society.
- The old school thinks good journalism is dying. The new school thinks news has become a commodity.
- The old school will cite Thomas Jefferson (not Benjamin Franklin as I mentioned earlier),
who said “were it left to me to decide whether we should have a
government without newspapers or newspapers without a government, I
should not hesitate for a moment to prefer the latter” — younger
journalists, instead, will wonder whether newspapers still have an
important role to play in society, whether they can make or break
politicians now that so few people still trust the press. - The old school just wishes there was more money to go round, whereas those new to the newsroom doubt if money would solve anything. They’ve seen their bosses throw money out of the window; they know we fail to act on lucrative opportunities time and again.”
Certo che meglio sapere chi sei e come la pensi piuttosto che “Faking objectivity and pretending to be neutral when they’re not.”
Ma il punto è come per gli storici: già scegliere la notizia è prendere parte, tu scegli una cosa e ne taci un’altra; già presentarla in un cetrto modo con certi documenti è prendere parte; e il silenzio è definitivamente una parte, e spesso parla a voce alta, e leggere i documenti in un modo piuttosto che in un altro è prendere parte.
Ma ciò detto, e ciò appurato e riconosciuto sin dai tempi di Erodoto, credo che un bravo giornalista, prima di essere un editorialista e dire la sua e metterci le opinioni, debba essere una persona che sa chi è e come la pensa, con onestà, e lo fa sapere, ma si sforza di essere imparziale. L’imparzialità è un processo euristico, non esiste di per sé.
E se fossero tutti editorialisti chi scrive la notizia? Chi legge o studia una cosa del giorno e la scrive? Chi fa un giornale, online o stampa ma sempre giornaliero? C’è una bella distinzione fra un giornalista e un editorialista, e non è detto che l’uno sia anche l’altro.
L’editorialista o l’opinionista prima di tutto, a mio modesto parere, dovrebbe essere un artigiano della notizia. Poi diventare anche altro.
Ps I lettori non sono affatti stupidi, anzi, spesso sono più informati e più colti di chi fa informazione o fa cultura. Però entro certi limiti sono manipolabili. E di personaggi furbi in giro ce ne sono molti, o di giornali che mettono le cose in un modo tale da indurre a pensarla in un certo modo. Ne ho scritto proprio ora (su CNN e Time).