Apple non è mai stata forte in logica dell’internet. Ma è comprensibile: Apple ha sempre fatto prodotti disegnati per funzionare come sono. E per funzionare bene. Microsoft ha fatto persino più fatica di Apple ad adattarsi alla rete senza tentare di dominarla. E ora si trova a dover difendere i suoi prodotti core.
Google ovviamente è più avanti su tutta la linea, per quanto riguarda internet. Casomai ha difficoltà a capire come mantenere una cultura geek, producendo software ma vendendo pubblicità.
Ho l’impressione che ci siano dure battaglie strategiche in arrivo. Ma che non siano proprio tecnologiche, quanto piuttosto culturali ed emotive. E’ sempre così del resto.
Un’altra prospettiva potrebbe essere a proposito del ciclo temporale. Le vette sono state: negli anni ’80 la Apple, negli anni ’90 la Microsoft e oggi spadroneggia Google. Sarebbe bello anche domandarsi in quale luogo (diverso dalla Silicon Valley?) e su cosa emergerà il nuovo leader.
Adesso mi diventi crociano?:)
Io punto su Bangalore, India.
In alternativa un nome che non riesco a scrivere, Cina.
Ma solo se Google sbaglia tutto.
L’esistenza della Internet modifica un fatto tradizionale: l’esistenza di gerarchie e di gatekeeper, che sono il substrato dei modelli Apple, MS e Google e anche di altri come FB e Twitter, cioè architetture basate su server centrali che erogano servizi o produttori di sw che lo vendono (MS, Oracle)o lo cedono (Google).
I produttori di sw general purpose sono i primi morituri i cui prodotti saranno sostituiti da quelli che sono e saranno immessi nel pubblico dominio, poi seguiranno i fornitori di servizi centralizzati (FB, Twitter) che possono essere sostituiti da servizi P2P.
Infine Google e Yahoo che cadranno perchè il loro modello di business, la vendita della pubblicità tramite loro, sarà sostituita dalla pubblicità acquistata dall’inserzionista direttamente dal padrone del mezzo (giornale, sito, blog).
Si sottovaluta un piccolo ma fondamentale effetto, proprio delle economie di rete, l’effetto valanga combinato alla logica degli standard e alla massa critica necessaria per imporli. Il primo (si usava dire the first mover take all) che dopo vari sommovimenti (quindi non è il primo che apre il mercato ma chi riesce a chiuderlo, anche senza logiche lock-in alla Google) riesce ad imporlo crea barriere d’entrata insostenibili verticalmente, ma orizzontalmente incentiva la specializzazione, sia che riguardi un particolare ciclo della catena del valore, che di una diversificazione innovativa a complemento (facendo leva sul network). Insomma, la storia delle gerarchie che cadono è più un desiderata che un effetto tendenziale. O meglio cadono molto meno della loro ricomposizione. Gli editori già hanno concessionarie di vendita, ma per allargare i propri orizzonti avranno bisogno di altri intermediari dispendiosi da internalizzare. Da quello che risulta a tutt’oggi, quello che avrebbe dovuto cadere ha consolidato altri colli di bottiglia web based.
(La logica lock-in non è di Google volevo dire sopra.. Sarebbe la ultima schiocchezza mai pronunciata..)
Leggevo ora che anche il Sole con Websystem sperimenta nella gestione semantica dei contenuti. Se quello che riescono ad ottenere per la pubblicità, entrasse anche nel fronte prettamente editoriale, sarebbe un cambio di marcia spinto.
Poi il trade off con la stampa specializzata del gruppo non ci sarebbe. Quei contenuti non sarebbero per le professioni regolamentate a cui già si rivolge ma per quelle senza ordini e albo.
I meno burocratizzati insomma, che si ritrovano a fare bricolage di vari pezzi e uscite.
Un pò sulla linea di AgiChina.. ma anche senza tematizzazione, seguendo fabbisogni professionali emergenti.