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Modello di business nuovo per contenuti vecchi?

Discussione intorno a da una colonna di Walter S. Mossberg dedicata a True/Slant. Il modello di business del sito di informazione è innovativo, dice Mossberg, perché paga i giornalisti in ragione delle pagine viste e ammette blogger pubblicitari nell’aggregatore.

Si può discutere se questo sia innovativo, ma è interessante l’obiezione di Paul Boutin che dice più o meno: ho guardato il sito, non ci ho trovato nulla da leggere, e mi domando che cosa ce ne facciamo di un modello di business innovativo se i contenuti sono poco innovativi?

Mossberg è di solito concentrato sulla tecnologia. Ed evidentemente pensa al nuovo giornale come a una tecnologia, senza pensare a come viene utilizzata perché in fondo si limita a offrire l’opportunità di utilizzi intelligenti o stupidi.

Ma nel settore dei giornali – e in generale delle attività che più o meno hanno a che fare con la produzione culturale – i mezzi, i messaggi, i modelli di business vanno presi come un insieme integrato, i cui elementi non possono essere troppo incoerenti tra loro.

Il problema è che se ci si concentra solo sulla piattaforma, nei giornali, non si va da nessuna parte: non serve difendere la carta, sostenere internet, immaginare la crossmedialità, se non si lavora contemporaneamente anche alla cultura dei giornalisti, alla qualità dei contenuti, alla innovatività del percorso culturale che i giornali decidono di intraprendere.

Nessuno di abbona a un decoder, dicevano a Canal+. E qui diciamo che il giornale non è la sua carta. Ma adesso vale la pena anche di dire che quello che tutti noi vogliamo è semplire: vogliamo accedere a piccoli o grandi frutti dell’intelligenza per vivere meglio. Ovunque si trovino sono i benvenuti.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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