Dopo Propublica, la strada del giornalismo sostenuto dal finanziamento della comunità si sta riempiendo di nuove iniziative.
Il Center for media change ha lanciato ReelChanges, un sito per organizzare documentari finanziati da una comunità di sostenitori, e Spot.us, un servizio per organizzare giornalismo a sua volta finanziasto dai cittadini. Nel frattempo, lo Huffington Post sta organizzando una raccolta di fondi per sostenere giornalisti investigativi freelance nel loro lavoro.
E’ chiaro che si tratta di una conseguenza dell’idea secondo la quale il giornalismo è un servizio essenziale per la democrazia e che dunque le comunità dei cittadini possono scegliere se e quanto pagare il lavoro dei cittadini che vi si dedicano.
Se n’è parlato spesso su questo blog. Ma l’idea sta ormai diventando realtà.
I giornalisti che daranno notizie piacevoli per la comunità saranno pagati; gli altri, no.
La verità non sarà un criterio di valutazione. Una volta capitava, ogni tanto, che i giornalisti dicessero la verità; oggi, sempre meno; domani, quando decideranno i cittadini, mai o solo per caso.
Non credo bisogna spostare la questione in termini epistemologici, nel giornalismo non è poi un problama diverità ma solo di quanto il pubblico sia interessato all’interesse pubblico. Ovvio che importanza e interesse sono trade off, quindi la cronaca nera capitalizza l’interesse, per quanto disdicevole sotto il profilo dell’importanza. Quello che noto problematico è il finanziamento delle risorse investite per i modelli di giornalismo costosi: l’inchiesta o l’approfondimento che sia. Se sono finanziati con l’appeal dei click, saranno i lettori a farla da padroni, questo non implica che le notizie siano meritevoli, tutt’altro. Magari si potrà creare un lettorato appassionato d’inchieste ma numericamente saranno sempre meno numerosi del brulicio del nero o del sesso.
A Perugia, ascoltando un intervento sulle nuove forme di giornalismo, ho notato che ancora molti luoghi comuni imperversano. Sono sicuro che sabato Luca ne rompe qualcuno, al netto di molte dissonanza congnitiveche girano. L’università di Macerata ha addirittura esordito con un master in giornalismo partecipativo, come se un laureto in scienze della comunicazione dovesse acquisire conoscenze in merito. Uno dei problemi principali è che manca una bussola su questi argomenti e molte leggende metropolitane arrivano fino alle aule dell’alta formazione.