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Mezzi di confusione di massa / update

Giuseppe Granieri ha ragione a chiedere prudenza nel giudicare gli effetti della grande quantità di informazione di cui disponiamo e la molteplicità dei media con i quali ci confrontiamo quotidianamente per accedervi.

Del resto, in un ottimo intervento Clay Shirky aveva fatto notare che l’impressione di information overload viene anche da un fallimento dei filtri che ci dovrebbero aiutare a tenerlo a bada.
Il mio suggerimento sul tema dell’attenzione – o della disattenzione – peraltro non è orientato a discutere su argomenti tipo «google ci rende stupidi». Tutt’altro. Osservo piuttosto che nel periodo di massimo splendore dei «media di confusione di massa», a qualcuno può fare comodo adottare una «strategia della disattenzione». 
Come sostiene Daniel Kahneman, gli esseri umani tendono a scegliere per «intuizione», cioè in base alla prima cosa che viene in mente di fare, mentre più raramente si affidano al ragionamento controllato. 
L’information overload non è una novità, questa non è la prima crisi dei filtri, il comportamento irrazionale non è una novità. Quello che può essere interessante è studiare la possibilità che tutto questo venga manipolatoriamente utilizzato per ottenere comportamenti che un pubblico attento non adotterebbe. In estrema sintesi, in questa ipotesi, dosando opportunamente di volta in volta le tecniche per raccogliere attenzione o per fare confusione, la «strategia della disattenzione» potrebbe essere realizzata usando ogni strumento mediatico che sciolga in un grande minestrone ogni notizia e abbassi ulteriormente le barriere critiche.
Insomma. Ho l’impressione che gli argomenti di Giuseppe siano più orientati a studiare fenomeni culturali di fondo e di lungo termine, mentre le questioni qui espresse sono piuttosto interessanti per la vita quotidiana dei media. Che naturalmente si incrociano a un certo livello. Anche perché, appunto, qualcuno pensa alla dinamica mediatica come una lunga serie di brevi periodi.
Vorrei aggiungere che la rete può difendersi. Come nel caso del biip-biip articolo 50bis: se i blogger si mobilitano costituiscono un sistema di filtraggio, verifica, critica e diffusione che può emergere come soluzione a molti temi segnalati sopra.

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  • L’attenzione è uno dei presupposti per la consapevolezza. Se non ci “siamo” al 100% con la nostra attenzione sarà difficile integrare nella consapevolezza qualsiasi informazione o stato interiore. Non solo, senza attentione possiamo solo assorbire bulimicamente qualsiasi informazione senza farla passare da una “organicità” che filtra e integra l’informazione con ciò che siamo e ciò che vogliamo.
    Senza attenzione rischiamo di diventare servomeccanismi della tecnologia, cliccando compulsivamente sui link. Senza attenzione, anche, non è possibile una valutazione etica ne la capacità critica di interpretazione delle informazioni. Non a caso qualsiasi tecnica di meditazione inizia con l’attenzione e la concentrazione.
    Da Internet ai cellulari, e la televisione stessa con i suoi numerosi e veloci cambi di contesto, sono una fabbrica della disattenzione che senza dubbio non aiuta la razionalità ma soprattutto non aiuta a capire chi siamo e cosa vogliamo. A quel punto i politici possono tranquillamente dire tutto e il suo contrario, contraddirsi quotidianamente e smentirsi il giorno dopo. La memoria è coprta e non c’è più bisogno di essere coerenti, tantomeno di comunicare il vero. Passa tutto nelle menti senza attenzione. Il nichilismo senza la profondità di un Nietzsche.
    A mio parere non abbiamo bisogno di più informazioni, né di filtri tecnologici migliori, ma di connessioni (link) con la nostra verità e la nostra interiorità che viene indebolita nel dare attenzione continuamente ad input esterni.

  • Non c’è dubbio sulla differenza nelle considerazioni tra breve e lungo periodo. In fondo io mi riferivo più che altro al post di Luca Chittaro con l’equazione..

  • Comportamenti automatici dell’utente: a volte spontanei, a volte indotti

    Commentando il mio pezzo precedente su Information Overload e comportamenti automatici, Sergio mi pone la domanda: E se invece di “comportamenti automatici”, in alcuni casi si parlasse di “comportamenti indotti”? dandomi l’opportunita’ di estendere il …

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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