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Che cosa è diventata la Apple?

I risultati finanziari e i dati di vendita della Apple sono un punto di domanda. Le vendite scendono ma le azioni salgono. Il che si spiega con le aspettative: gli analisti pensavano che andasse peggio, quindi quando hanno visto i numeri hanno rifatto in conti e dato indicazione di comprare. Vabbè.

Ma se si vuole leggere tra i dati qualcosa che spieghi come sta evolvendo la Apple occorre partire da una coincidenza che forse non lo è: le vendite di iPhone sono diminuite del 15% (a 40 milioni circa) e il fatturato è diminuito del 15% (a 42 miliardi di dollari circa). Una coincidenza che dà l’impressione che la Apple al momento sia essenzialmente il suo iPhone.

Non è così, ovviamente, ma è molto così. La musica si sta trasformando con successo, da download a streaming. I tablet diminuiscono di numero ma aumentano di prezzo. I Mac vanno avanti. I servizi crescono. Gli orologi non sembrano decollare: se la Apple tentava di entrare nel mondo della moda, per ora non sembra essere stata cooptata. È sempre un’azienda tecnologica di raro buon gusto, ma non un’azienda del fashion. E continua a innovare, ma come del resto è comprensibile, non riesce sempre a creare un nuovo mercato. Come ha fatto ai tempi dell’iPhone, nel 2007.

L’iPhone si rinnova di solito radicalmente ogni due anni. E si aggiusta nell’anno di mezzo migliorando un po’ qualcosa. Questa volta il rinnovo radicale ha avuto un successo fortissimo e l’aggiustamento non è andato molto bene. La Apple ha pensato all’aggiustamento soprattutto in termini di fotocamera, ma non è stato sufficiente. Pare che il prossimo settembre arrivi il prossimo iPhone radicalmente rinnovato. E quello servirà a ridare slancio alle vendite ora rallentate anche dall’attesa del nuovo modello.

Le aspettative negative smentite hanno salvato il valore del titolo Apple in borsa, mentre le attese del nuovo modello frenano le vendite. È un momento così: la Apple è proiettata sempre nel futuro, ma un po’ più a breve termine.

Questa è l’impressione.

Nel frattempo forse matura la sua nuova identità, più di lungo termine: forse sarà più istituzionale. Con un sapore innovativo, per un’istituzione. Si batte per la privacy. Pensa all’economia verde e ai diritti dei lavoratori. Investe nella formazione in un paese simpaticamente arretrato come l’Italia. Giostra con le tasse e decide come una multinazionale consapevole. Vedremo che cosa sarà un’istituzione globale, privata, una piattaforma sulla quale si sviluppa un’economia e un’ecosistema? E quale sarà la differenza tra questo in chiave Apple, in chiave Google, in chiave Facebook? Come si adatterà l’Europa?

Il timore principale è che la Apple si adatti ad essere un’azienda per utenti fedelissimi (non l’avevano lasciata neppure negli anni bui dopo l’uscita forzata del giovane Steve Jobs) che offre un servizio in abbonamento e si lascia tentare dalla possibilità di sedersi sulla rendita. Non succederà fino a che l’iTeam messo in piedi da Jobs prima di morire resterà culturalmente legato a ciò che ha fatto grande la Apple.

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  • Credo che il punto vero stia proprio nell’ultima riga.
    Ho la netta impressione che l’azienda stia diventando ciò che è costretta a diventarlo e non per spirito “pionieristico” che l’ha caratterizzata ai tempi di Jobs. Certo la pressione competitiva di oggi non è la stessa di allora quando la distanza che i rivali dovevano colmare era non solo quella oggettiva di tipo tecnologico ma anche soggettiva di tipo “estetico”.
    Circa il fatto che oggi Apple è iPhone è suffragato dai numeri (e nemmeno Jobs, credo, sarebbe riuscito ad evitarlo), mentre non sono così certo che il problema sia stato l’errore dell’aggiustamento bensì l’errore del progetto iniziale che certo ha avuto un grande successo di vendita ma spinto più dall’effetto “fidelizzazione” che da altro. Il sesto modello del telefono della mela è quasi tutto sbagliato è più fragile (i primi modelli si piegavano quando messi in tasca), dal punto di vista ergonomico presenta degli errori grossolani, avendo smussato tutti gli spigoli non è prensile, questo non consente di adoperarlo con una sola mano a meno che non si voglia rischiare che scivoli per terra con conseguenze nefaste vista la maggiore fragilità.
    Credo che oggi siano in molti alla Apple a rimpiangere l’assenza di Jobs!

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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