Il 3 marzo arriverà dunque al Consiglio dei Ministri il piano banda larga (Reuters). È un piano, non una legge e tantomeno un decreto. Serve a coordinare gli sforzi dello Stato e dei privati per arrivare a portare i 100mbps al 50% della popolazione entro il 2020 e a portare almeno i 30mbps dove il mercato non si sogna di andare. Le compagnie da sole non ci arrivano perché, dicono sempre, non vedono la domanda. Ma la politica può permettersi di seguire la logica secondo la quale l’offerta crea la domanda e investire crea sviluppo, specialmente nelle infrastrutture strategiche: sicché a quanto pare lo Stato investirà circa 6 miliardi. E ha già deciso il credito d’imposta sul 50% degli investimenti nel settore con lo “sblocca Italia” (una cosa tipo 200-250 milioni: art. 6).
Essendo un piano dovrebbe essere poi portato avanti. In proposito, si è notata una certa fibrillazione sui giornali di oggi, in mancanza di una chiara idea su chi farà cosa. Telecom Italia, Vodafone, Metroweb, Cassa depositi e prestiti, sono potenzialmente coinvolte, insieme al governo. I limiti posti dalle regole europee sugli aiuti di stato e cose simili sono chiari e gli aiuti di Stato dovranno andare a tutte le attività che il mercato non farebbe da solo (tipo portare a 100 la banda dove i privati si limiterebbero a 30, o portare i 30 dove nessuno metterebbe niente…). Le imprese dovrebbero trovare un loro interesse a realizzare l’infrastruttura e non si può pretendere di vedere delle aziende private andare contro i loro interessi e anzi si può immaginare che le aziende private tentino di massimizzare i vantaggi che potranno cogliere realizzando eventualmente questo importante progetto. Il problema è il 2020: magari con i suoi tempi la Telecom Italia ci arriverebbe prima o poi, senza indurre gli analisti finanziari – dal cui giudizio dipende in parte il costo dei suoi debiti – a pensare che la sua rete in rame venga svalutata troppo presto. D’altra parte, un minimo di raziocinio non può che far pensare che se la Telecom Italia non fa la banda larga perderà efficienza e valore comunque. Il problema è il 2020: questo dà alla Telecom il potere di dire di no se non vede bene il suo vantaggio e dà al governo il potere di cercare altre strade se la Telecom non collabora abbastanza. Già ma quali altre strade? Non è proprio detto che lo si capisca con il piano del 3 marzo. Ma di certo Metroweb fa parte di ogni possibile strada.
Non si può non osservare che se la Telecom non fosse stata bloccata per tre lustri dalle conseguenze finanziarie dell’acquisizione a debito dei “capitani coraggiosi” (o meglio scoraggianti) e dalle successive ondate di sfruttamento dei suoi asset, forse la storia delle telecomunicazioni italiane sarebbe diversa: in fondo negli anni Novanta non eravamo indietro come oggi.
Proprio per questo occorre una politica chiara e forte. Il piano sarà tanto più importante quanto più, nell’interesse degli italiani, sarà fatto di due elementi: visione e realizzazione, uno da solo non basta. Una politica oscura e ignorante in materia ci ha portato dove siamo, in coda alla classifica europea: non è un problema solo dei consumatori che non vedono Netflix, è un enorme e crescente problema per le aziende, per la scuola, per la sanità, per la pubblica amministrazione.
Quindi che cosa succederà? Può darsi che qualcuno al governo pensi di poter fare a meno di Telecom Italia e che a Telecom Italia qualcuno pensi di poter bloccare il governo: il primo pensiero è irrealistico e dopo il 3 marzo anche il secondo potrebbe finalmente uscire dalla realtà. Quindi l’unica strada è trovare un accordo sensato: governo, Telecom Italia, Metroweb, Vodafone, altri operatori, le compagnie regionali, persino Google, dovranno mettersi d’accordo per forza con le risorse che ci sono e con gli obiettivi che ci sono. Questo in fondo, mi pare di capire è l’unico piano. E più si stringono i gradi di libertà più è probabile che ci si riesca.
È così: non riusciamo a fare le cose per tempo, dobbiamo sempre essere costretti dalle circostanze a deciderci perché non riusciamo ad agire se non quando è quasi troppo tardi.
ps. Ma occhio: se dovesse mai entrare in confusione questa storia con quella di RaiWay con la proposta Mediaset e la ventilata entrata in campo anche lì di Telecom Italia, finiremmo per preparare un altro problema melmoso.
E’ ora che l’Italia si modernizzi un po’ ! Bell’articolo!
“Non si può non osservare che se la Telecom non fosse stata bloccata per tre lustri … forse la storia delle telecomunicazioni italiane sarebbe diversa: in fondo negli anni Novanta non eravamo indietro come oggi”. Ricordiamo il lungimirante Progetto Socrate di Ernesto Pascale (ovviamente non privo di criticità e aree di miglioramento) che avrebbe dotato l’Italia di un’infrastruttura in fibra 20 anni fa.
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