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Intelligenza artificiale e lavoro. Appunti in diretta a Pisa

L’intelligenza artificiale crea o distrugge il lavoro, si domandano all’universtità di Pisa. Da consultare la pagina anche per la ricca sitografia.

Amedeo Cesta, presidente dell’associazione intelligenza artificiale. Si sa che l’intelligenza artificiale ha creato spesso aspettative non soddisfatte. Ma la capacità di calcolo è aumentata esponenzialmente e ha creato le premesse per rendere realistico pensare che, come i robot industriali sostituiscono lavoro nelle fabbriche, anche l’intelligenza artificiale sostituisca lavoro intellettuale. Su cubo di rubik, dama, scacchi, biliardo, Jeopardy, l’intelligenza artificiale ce la fa eccome. Siri, Watson, robot che muovono scaffali ad Amazon, robot che imparano il gesto di girare la frittata nella padella, auto senza guidatore di Google… Robot che suona il flauto, o il violino. Droni in stormo che suonano strumenti complessi… Stiamo togliendo lavoro? Dobbiamo essere coscienti che stiamo creando cambiamenti. Stephen Hawking dice che intelligenza artificiale è una specie aliena che invade il mondo e sostituisce gli umani. Robert Oppenheimer si è posto domande il senso etico del lavoro scientifico.

Fabrizio Renzi dell’Ibm. È vero che Watson sa dare risposte ma non è capace di fare domande? Sì… A che cosa si applica Watson? Medici, avvocati, operatori di call center, storici… L’Italia ha due ambito dove è forte: robot industriali e cultura. Su questo Italia è tra i leader mondiali. In passato l’impatto dell’informatica ha creato più posti di lavoro che distrutto, soprattutto nei settori dove un sistema ha leadership.

Piero Poccianti, consorzio Mps, abbiamo assistito a progressive crisi del lavoro in passato in settori che si sono trovati di fronte a grandi salti tecnologici. Questa è una crisi economica, l’intelligenza artificiale non ne è la causa. Ma questa volta intelligenza artificiale è più vicina alle aspettative.

Federica Troni, Gartner. Impatti delle smart technologies nelle aziende. Scenario: 2022, il virtual personal assistant del consulente sa che deve andare da un posto all’altro e chiama da solo una auto che si guida da sola per gestire lo spostamento. Fiducia negli assistenti virtuali. Veicoli autoguidati diventeranno tecnologia matura. Auto usate molto più tempo della loro vita, meno incidenti, assicurazioni meno rischiose, carrozzerie meno utilizzate, strade da cambiare… Strategia tradizionale: i tecnologi aspettano che gli altri sbattano la testa contro il muro. Non è forse più vero. Algoritmi che fagocitano quantità di dati senza precedenti e in grado di processarli in velocità: questo è il fatto nuovo. Ora macchine agiscono in modo autonomo, apprendono, fanno predizioni probabilistiche, si confrontano con la complessità sembrano comprendere… Per le aziende queste tecnologie applicate a trasporto, logistica ecc generano risparmio, ridefiniscono business (miniera senza umani con trasporto robotizzato) e strutture di produzione. Virtual smart machines come Siri cambiano nello stesso modo: virtual assistant (gestiscono il contesto) e smart advisor (esperti) in management e attività intellettuali specialistiche (diagnostica e suggerimento di cure mediche per esempio). E-discovery per lavoro di avvocati nei paesi di common law. Macchine per riassumere e tradurre in linguaggio naturale per giornalisti e simili. Ma decisioni restano dei professionisti. Il potenziale delle macchine è soprattutto complementare le capacità delle persone, non sostituirle. Metà dei colletti bianchi non saranno colpiti, metà sì e almeno il 17% sarà minacciato fortemente, per il 2020. Soprattutto i lavori non routinari, dove le procedure non governano e dove sbagliare è potenzialmente anche positivo, dove fare le domande giuste genera valore non saranno minacciati. Ci sarà sempre la situazione in cui la macchina non sostituisce la persona. Le smart machines avranno impatto dirompente. Chi non si prepara e non partecipa sarà messo in difficoltà.

Dino Pedresch, Big Data all’università di Pisa. L’intelligenza artificiale è cambiata. Dalla codifica dei comportamenti intelligenti all’emergere dei comportamenti intelligenti dai dati. Anche (non solo) dati disseminati dalle persone. L’intelligenza artificiale diventa intelligenza collettiva. Wikipedia è un esempio. Perché funziona in modo distribuito su un metodo e una piattaforma aggregante. Le traduzioni automatiche funzionano meglio per un motivo analogo. Sistemi decisionali migliorano per ragioni simili. Data mining e machine learning più big data sono il fulcro dell’intelligenza artificiale attuale. E l’internet delle cose ingigantirà tutto questo.

Conclusioni: intelligenza artificiale sembra meno capace di fare le domande giuste degli umani; aggiunge valore nei settori nei quali un sistema ha leadership; lascia ai professionisti la decisione strategica; chiede ai tecnologi di prendersi le loro responsabilità. L’interfaccia è una responsabilità. La privacy è una responsabilità. L’educazione alla consapevolezza è una responsabilità. Non solo di decisori politici o aziendali, ma anche dei tecnologi. Le ripercussioni sociali delle tecnologie sono embedded nel loro progetti: consapevolezza o non consapevolezza di questo nella comunità dei tecnologi sono parte integrante delle loro conseguenze. È un ecologia della tecnologia: le esternalità vanno internalizzate. Occorre però un ecosistema sano, non una monocoltura. Nuovi lavori emergeranno se la struttura sarà distribuita, la rete aperta, standard, interoperabile.

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  • Bello l’articolo. Vedremo dove ci porterà il progresso, che fa parte, per chi le assume valide, delle leggi evoluzionistiche darwiniane.
    Io penso che una ragionevolezza dell’uomo sarà quella di decidere quali professioni, deliberatamente, lasciare all’ uomo come realizzazione della propria vita, anche sociale. A titolo di esempio, invece di far fare il cameriere ad un robot (sarebbe oggi fattibilissimo), lasciamo questo mestiere ad una persona, e così via dicendo per altre professioni…

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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