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Una critica del Garante della Privacy a Stefano Rodotà e colleghi della Commissione Bill of Rights

Un intervento sulla bozza di Dichiarazione dei diritti in internet di Antonello Soro, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, dal titolo esageratamente critico rispetto al contenuto: Privacy e diritto all’oblio, la Costituzione di Internet così non va. In effetti contiene molti apprezzamenti e una sola critica forte.

Per altro verso, suscita più di una perplessità la formulazione in tema di diritto all’oblio contenuta nella Dichiarazione. Perché nel tentativo di adeguare il diritto a una realtà segnata da incessante e rapida evoluzione tecnologica, non bisogna sottovalutare le implicazioni di sistema che ha ogni nuovo istituto giuridico. Il documento prevede la legittimazione di chiunque a conoscere i casi nei quali altri abbiano ottenuto la deindicizzazione di propri dati personali (ovvero la sottrazione alla reperibilità, con i motori di ricerca, di notizie a partire dal solo nominativo dell’interessato, pur conservandole, nella loro integralità, nel sito-sorgente). Si dovrebbe quindi, evidentemente, pubblicare (sempre in rete?) un elenco dei soggetti che abbiano esercitato questa prerogativa. In tal modo un diritto, quale quello all’oblio – affermatosi come garanzia di una ‘biografia non ferita’ dallo stigma della memoria eterna della rete – rischierebbe, con un’eterogenesi dei fini, di rivolgersi nel suo opposto. E questo non mi pare condivisibile, dovendosi invece preservare la natura autentica del diritto all’oblio, che già di per sé consente di coniugare memoria collettiva e storia individuale; giudizio pubblico e identità personale.

La formulazione scelta per la bozza uscita dalla Commissione è questa:

Ogni persona ha diritto di ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza. Il diritto all’oblio non può limitare la libertà di ricerca e il diritto dell’opinione pubblica a essere informata, che costituiscono condizioni necessarie per il funzionamento di una società democratica. Tale diritto può essere esercitato dalle persone note o alle quali sono affidate funzioni pubbliche solo se i dati che le riguardano non hanno alcun rilievo in relazione all’attività svolta o alle funzioni pubbliche esercitate.
Se la richiesta di cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati è stata accolta, chiunque ha diritto di conoscere tali casi e di impugnare la decisione davanti all’autorità giudiziaria per garantire l’interesse pubblico all’informazione.

E’ una ricerca di equilibrio tra l’interesse di chi valuta superata l’informazione e ne chiede l’oblio e l’interesse generale di accesso all’informazione. Il diritto all’oblio riguarda l’indicizzazione nei motori di ricerca, non c’entra con le fonti primarie che continuano a tenere online le informazioni. Riguarda il fatto che i motori di ricerca, quando restituiscono i link su una persona, ne costruiscono l’immagine. Sulla base di algoritmi che sopravvalutano le cose più interessanti e non quelle importanti. Ma sapere che cosa è successo è comunque un diritto generale. E se uno vuole fare una ricerca su chi abbia rimosso i dati che lo riguardano deve comunque intraprendere un viaggio tra molti siti perché non può andare sul motore di ricerca. Certo, si potrà indurre qualcuno a incuriosirsi. Ma il lavoro necessario per soddisfare la curiosità non sarà leggero. Servirà piuttosto agli storici e a chi fa ricerche sapere chi ha scelto di avvalersi del diritto all’oblio più che ai guardoni. Anche perché le persone pubbliche sono relativamente fuori da questo argomento. Del resto, il ricorso al diritto all’oblio non dovrebbe essere una scelta troppo leggera. Perché dunque impedire l’informazione su chi ha scelto il diritto all’oblio? Certo, la ricerca di una norma equilibrata è difficile. Ma la soluzione non si trova guardando i fatti solo da un punto di vista. La consultazione potrà forse fare emergere altri punti di vista.

Vedi anche:
Promemoria. Lessig, la costituzione di internet e la regolamentazione

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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