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Carta dei diritti dei cittadini all’epoca di internet

La prima riunione della Commissione di studio per la redazione di principi e linee guida in tema di garanzie, diritti e doveri per l’uso di internet si è svolta ieri alla Camera dei Deputati con la presidenza di Laura Boldrini. Ne verrà fuori una Carta dei diritti dei cittadini che vivono in un’epoca nella quale internet è tanto importante per tutti. I diritti fondamentali sono sempre gli stessi, ma la loro concreta salvaguardia non può non tener conto di una realtà tanto pregnante che è diventata la rete. Che in parte li valorizza, in parte li comprime.

I filoni tematici proposti all’attenzione della Commissione da Boldrini sono:
1. garantire la neutrality e la trasparenza della rete
2. assicurare i diritti umani e le libertà fondamentali, in particolare sia il rispetto della dignità e della integrità della sfera personale di ciascuno sia la libertà di espressione
3. tutelare l’autonomia di ciascuno anche nella propria identità digitale e la riservatezza dei dati personali
4. garantire la cittadinanza in rete, attraverso l’accesso universale all’infrastruttura, l’apertura dei dati del settore pubblico e la loro libera utilizzazione nei limiti della legge e la fruizione da parte di tutti come mezzo di diffusione e condivisione
5. favorire la circolazione della conoscenza e dei contenuti in rete
6. promuovere la sicurezza in rete, sia essa di interesse pubblico sia essa di interesse individuale (ad esempio soggetti più deboli, a partire dai minori e i disabili)
7. promuovere azioni positive per l’educazione a internet e la tutela dei diritti.

Non mancano i punti di partenza dai quali trarre ispirazione. Dal Marco Civil al lavoro del Consiglio d’Europa su Human Rights for internet users. E sicuramente non manca la riflessione già da tempo avviata, soprattutto da Stefano Rodotà che è presente nella Commissione.

Le prime opinioni condivise in Commissione sono state espresse in un clima di fondamentale consonanza di vedute. Se si tiene la barra dritta sui diritti fondamentali e sulla loro affermazione “costituzionalista” si possono ottenere risultati interessanti. In effetti, la questione di base da risolvere è come riconoscere ciò che è specifico di internet. Occorre a parere di tutti, direi, sviluppare un lavoro di studio che possa eventualmente diventare normativo nelle sedi competenti evitando di ingerirsi in questioni particolaristiche, evitando suggerimenti centrati sulla forma specifica assunta in questo periodo da internet, evitando di intrappolare il discorso in temi troppo soggetti alle discussioni di moda. È un’occasione per fare un lavoro che si rivolga alla lunga durata, proattivo rispetto ai fenomeni, anche se ben consapevole dei fenomeni.

Ci sono alcune osservazioni – personali – che si possono fare a questo proposito:
– La maggior parte del tempo che le persone passano in rete è sottoposto alle regole imposte dalle grandi piattaforme composte di software-hardware-servizi che normano i comportamenti in base alle loro visioni del mondo.
– La rete neutrale è la massima garanzia per la libertà di innovazione e la sua salvaguardia non può essere lasciata alle forze del mercato e del capitalismo: la neutralità della rete è una sorta di antitrust preventivo contro l’occupazione di eccessive quote di mercato dell’innovazione che i grandi attuali possono mettere in atto; la neutralità della rete è la libertà di innovare senza chiedere il permesso ai grandi attuali.
– L’approccio fondamentale alla produzione normativa in materie collegate a internet deve essere un approccio rispettoso dell’ecosistema della rete, dunque orientato all’equilibrio tra gli interessi diversi e talvolta contrastanti; le decisioni multistakeholder dovranno cercare questo equilibrio, anche in presenza di stakeholder di dimensione e potere diverso tra loro.
– I diritti umani si fanno valere se ci sono organismi che li fanno valere e se i cittadini possono rivolgersi a organismi facili da usare che li possano difendere. È probabile dunque che con la Carta che eventualmente uscirà dallo studio della Commissione e dalle successive decisioni delle istituzioni competenti sarà anche formato un organismo che possa difendere i diritti così affermati.

Si tratta comunque di principi. Non di norme specifiche. E la Commissione è di studio, non produce norme. Il lavoro si annuncia intenso. E si può approcciare ragionevolmente solo con grande umiltà e un po’ di umano entusiasmo.

ps. Anche perché la complessità del lavoro è immensa. Negli ultimi giorni mi sono dedicato a qualche riflessione su temi che rasentano il rapporto tra codice software, codice giuridico, politica e policy. I primi tentativi di riflessione sono sempre un modo per porre problemi più che per fare affermazioni. La vita giuridica non si blocca facilmente in algoritmi, come insegna Carlo Blengino, e la vita del software non si limita alle intenzioni dei programmatori ma anche alle reali modalità di utilizzo come suggerisce Luca Terzaroli. Senza contare la grande questione della difficoltà di fare leggi che riguardino internet posta da Mante e altri.

Vedi:
Il codice è codice, la legge è software: la cultura digitale è un diritto
Matematica della distanza tra aspettative e realizzazioni. Le regole su internet
Chi vince piglia tutto: concentrazione, power law e net neutrality

Il pezzo di Fabio Malagnino: Se la cultura digitale è diritto, la conoscenza è patrimonio da organizzare

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  • Premesso che ogni riflessione in questo campo è utile e importante, mi pare che sotto sotto nasconda una volontà di normare l’ignoto esattamente come 20 anni fa all’avvio di ONDE mi chiesero di fare lo staturo, i probiviri e il regolamento, non capendo affatto di cosa si stava parlando.

    Vent’anni fa era comprensibile, oggi un po’ meno.

    Anche allora fu redatta, due anni dopo l’avvio del progetto, una “carta dei diritti”, quella dei bambini in rete promossa da me e Bruno Contigiani e redatta con l’aiuto del prof. Fulvio Scaparro e Stefano Castelli, perchè, si diceva: riflettiamo e impegnamoci prima che accada qualcosa che non ci permetterà di ragionare sereni e non sulla pressione di eventi ad alto contenuto emotivo per l’opinione pubblica.

    Quella carta, la prima al mondo per la verità, aveva un senso allora e i suoi principi sono ancora validi oggi, credo ( qui una copia salvata dall’oblio http://www.ilcolibri.it/modules.php?name=Sections&sop=printpage&artid=11) ma oggi avrebbe senso farne un’altra?

    A chi andrebbe diretta? Chi dovrebbe rispettarla? E come allora ci renderemmo conto che più che una “norma” stiamo scrivendo un “appello” a comportamenti di autoregolamentazione che fanno leva su valori da condividere?

    Temo che qualcuno vorrebbe scrivere una legge, stabilire sanzioni, creare comitati e garanti, commissioni e indagini… utilizzando schemi mentali che sono del tutto inadatti a comprendere i mille aspetti della rete.

    Con Stefano Rodotà ne parlavamo vent’anni fa e ci ponevamo le domande che ho letto nel tuo report (rapportate alle tecnologie di allora): oggi chi se le pone, temo non abbia ancora capito di cosa stiamo parlando.

    Ho l’immagine di qualcuno che prima di tuffarsi nel mare pretenda di avere la certezza che l’acqua sia esattamente a 30 gradi e che le onde non siano troppo alte e preme perchè si crei un sistema per assicurare il diritto di ciascuno ad avere mare calmo e acqua tiepida e, dati i tempi attuali, anche giornate soleggiate ma non afose.

    • Grande Gigi! Porterò il tuo testo all’attenzione degli altri. Ma hai ragione. Sicuramente siamo di fronte a una situazione come quella che descrivi e lo scetticismo nei confronti dei regolatori pubblici è ben motivato. Siamo anche in un mondo reso diverso dalla potenza immensa di una mezza dozzina di piattaforme che regolano con molta efficacia i diritti degli utenti che solo astrattamente sono liberi di usarle come vogliono. Siamo proprio nel mondo descritto da Lessig in Code. Non so proprio cine spiegare la Carta se non richiamando la tradizione costituzionale: non è fatta per regolare i cittadini; è fatta per regolare le istituzioni! in modo che non possano fare ciò che vogliono dei diritti dei cittadini. La cosa complicata è la questione delle puattaforme. Non son siti come gli altri. Secondo Negroponte tra le istituzioni che regolano la rete ci sono anche le megapiattaforme. Le chiama proprio istituzioni.. Una Carta che impedisca alle istituzioni di fare ciò che vogliono senza tener conto con equilibrio dei diritti dei cittadini è possibike?

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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