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Discorsi basati sui fatti

La struttura del discorso evolve. Ed è una bella storia quella che va dalla retorica emozionante e colta del mondo antico all’ipse dixit medievale e alle strutture ideologiche o filosofiche dei secoli scorsi. Dall’Ottocendo inglese, come spiega David Weinberger in Too Big to Know, si sviluppa anche una retorica dei fatti che conduce il discorso a diventare convincente solo se si basa su dati empirici.

Anche questo genere di retorica, come tutti gli altri, può essere usata per descrivere i risultati di un vero percorso di ricerca oppure per manipolare la realtà. Ovviamente i fatti possono essere messi uno in fila all’altro in modo tale da avvalorare una certa interpretazione che però cadrebbe se si considerassero anche altri fatti. Il discorso basato sui fatti è un progresso rispetto al discorso basato solo sulle convinzioni ideologiche perché aumenta le probabilità che si sviluppi una critica e un confronto costruttivo. Ma non basta.

Si potrebbero applicare questi concetti a una breve recensione dello studio proposto da Francesca Di Mari e Michela Perotti sulla user experience offerta dalle imprese. Lo studio è basato su una raccolta di fatti che messi in fila mostrano come le imprese che conoscono davvero i bisogni e i comportamenti degli utenti ottengono risultati nettamente migliori. È chiaro che la scoperta non è delle più sorprendenti. Ed è abbastanza trasparente il legame tra le conclusioni dello studio e l’attività svolta dall’azienda per la quale è stato realizzato: la Sketchin offre design – per prodotti digitali – che evolve velocemente con la partecipazione degli utenti. Ovviamente, uno studio vero e proprio avrebbe considerato anche ipotesi alternative e avrebbe considerato dati meno univoci o forse un campione statisticamente rappresentativo. Ma lo studio è trasparente dal punto di vista metodologico e consente di comprenderne nella giusta misura i limiti e il valore.

Esplicitare il metodo aiuta la lettura critica. Ce n’è bisogno. La retorica dei fatti è diventata in molti casi una forma di manipolazione rivolta a popolazioni nelle quali l’analfabetismo funzionale è abbastanza sviluppato e nelle quali il senso critico non è molto diffuso. Ma i fatti sono invece elemento essenziale e insostibuibile di una forma del discorso contemporaneo – civicamente avvertito – se vengono visti con indipendenza e completezza, considerando ipotesi alternative e con umile apertura nei confronti di possibili nuove future teorie e osservazioni inaspettate: solo così si può essere decisi e construttivi anche in un contesto di incertezza e incredubilità tanto disorientato come il presente. Il discorso civico, consapevole del metodo, è stato a lungo sottovalutato ma è probabilmente emergente, proprio per l’inconsistenza delle alternative.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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