La nuova rivoluzione industriale è un salto nell’ignoto, dal punto di vista macroeconomico, a giudicare dal racconto di Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee (La nuova rivoluzione delle macchine, Lavoro e prosperità nell’era della tecnologia trionfante, Feltrinelli). Di certo, ancora una volta la sfida globale della tecnologia impone un cambio di mentalità generalizzato. Ma se si pensa che capire in che direzione sia facile basta leggere i fatti per scoprire che è meglio ripensarci: una delle questioni che sembravano chiare del discorso di Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee era che la produttività del lavoro cresce più dell’occupazione da almeno un decennio e da questo si generava una discussione preoccupata o creativa intorno a quello che avrebbero fatto gli umani sostituiti dal capitale e dalle macchine. Ma secondo The Conference Board l’anno scorso la crescita della produttività del lavoro è scesa al suo livello più basso da anni e per quest’anno non sembra destinata a riprendersi (vedi anche FT, dietro paywall). Colpisce peraltro che mentre la produttività del lavoro aumenta seppure meno che in passato, la crescita della produttività di tutti i fattori considerati insieme (capitale e immobili compresi) è ancora più bassa (vedi appunto The Conference Board).
In questo contesto l’Italia si agita tra speranze e preoccupazioni di ogni genere. Ma il dibattito sui robot comincia a prendere una forma. Il tema dell’automazione dell’industria è uno dei sottotesti del libro di Dario Di Vico e Gianfranco Viesti (Cacciavite, robot e tablet, Come far ripartire le imprese, Il Mulino). Che attraverso le due diverse voci parte alla ricerca di una via italiana all’adattamento nel nuovo contesto competitivo.
Soprattutto le opportunità per l’Italia sono al centro del discorso di Riccardo Oldani (Spaghetti robot, Il Made in Italy che ci cambierà la vita, Codice) che parte ricordando i centri di eccellenza presenti nella penisola: dalla Sant’Anna di Pisa (e anche l’università) all’IIT di Genova, dai Politecnici di Milano e Torino ai centri di Roma, Napoli, Catania e Palermo, collegati a Enea e CNR. I robot sono già tra noi sotto forma di aspirapolvere e tagliaerba, esploratori dei mari e spazzini, macchine per la riabilitazione. Ma è chiaro che l’immaginazione corre veloce verso molte altre applicazioni. Oldani non si lascia abbindolare dai futurologi e dagli entusiasti, ma certo osserva che si tratta di un’industria in piena evoluzione che per l’Italia potrebbe essere una grande occasione. Del resto, non si può non vedere che l’Italia è ai primi posti mondiali nella produzione di macchine per l’automazione industriale, che non sono robot ma, insomma, vanno in quella direzione: tra centri di eccellenza nella ricerca e industria solida e potente sul mercato, con l’ulteriore spinta che può venire dall’interesse crescente di giganti come la Telecom Italia, la robotica italiana può avere molto da dire a livello mondiale.
Ma per avere un’idea davvero concreta sui tempi di sviluppo di tutto questo e sulla distanza tra l’immaginazione cinematografica e la realtà è bene andare alla fonte. Il che significa che l’IIT è un buon posto da dove cominciare. Roberto Cingolani e Giorgio Metta hanno raccolto in un libro la loro esperienza e aiutano a dare concretezza alla prospettiva robotica, dal punto di vista scientifico e applicativo (Umani e umanoidi, Vivere con i robot, Il Mulino). Il libro offre un panorama dei concetti scientifici che stanno conducendo all’accelerazione dello sviluppo della robotica, discute dei criteri che fondano la progettazione dei robot umanoidi e dell’impatto sociale e culturale della loro introduzione e, infine, annuncia le probabili applicazioni: a partire dall’assistenza domestica all’intervento nelle zone colpite da disastri naturali e ambientali.
Certo ci vuole un po’ di immaginazione, ma: “Se vent’anni fa vi avessero detto che oggi avremmo posseduto tutti un cellulare e che saremmo stati perennemente connessi con email, social, ecommerce e cloud ci avreste creduto? Allora dovreste essere disponibili a credere, o almeno a non meravigliarvi troppo, del fatto che qualcuno vi dica che tra vent’anni potrebbe esserci un umanoide amico in ogni casa per assistere i nonni, portare i bimbi a scuola e prepararci il caffè”
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