Christian Salmon, autore di Storytelling, edito in Italia da Fazi, parla a VeniceSessions.
«Ne parliamo tanto di storytelling, oggi. Una sorta di tirannia dello storytelling. Quando diciamo racconto pensiamo a Don Chisciotte o ai Cavalieri della tavola rotonda? O a Madame Bovary? Che cos’è lo storytelling di un Berlusconi o di un Sarkozy? Nello storytelling di oggi c’è un’ambiguità. C’è un lato negativo nello storytelling del quale sentiamo di doverci liberare. E c’è un’opportunità. Nella storia raccontata da Barack Obama, molto basata su internet tra l’altro, si impara qualcosa di importante a questo proposito».
«Obama: un discorso emozionale con molta biografia personale. Risponde ai caratteri fondamentali della dinamica culturale attuale. Ai tempi di Roosevelt la gente ascoltava i discorsi dei politici e aveva il tempo di riflettere. Oggi non più. Si reagisce ai fatti velocemente. Il discorso è disperso e spezzettato. Ai tempi di George W. Bush si raccontavano storie alla John Waine per portare gli elettori al voto con lo spirito di compiere un gesto simbolico. L’idea però è che la creazione di un mondo “virtuale” alla quale le persone devono assistere, perché la storia è scritta dai suoi autori…».
«Obama si pone come un dissidente retorico. Per tutta la campagna si oppone alla costruzione di quel mondo “virtuale”. Invita a tuffarsi nella realtà. I giornalisti che seguono la sua campagna si stupiscono di non essere oggetto di attenzioni particolari. Per lo staff di Obama sono solo un problema logistico. Non sono pensati come strumento di manipolazione. Lo storytelling al quale si oppone, Obama, è tanto lontano dal racconto della realtà da condurre tutti quelli che ci lavorano al più profondo cinismo del quale poi tutti soffrono».
«Obama incarna una biografia adatta all’epoca della globalizzazione. E dimostra attraverso la sua biografia incontrovertibile il realismo del suo racconto».
Le forme della sua narrazione, a partire dalla costruzione metaforica che emerge dalla sua biografia, sono fondate sulla concentrazione sul timing, il framing, il networking…
Un discorso positivo, attraente, innovativo. Che recupera le tradizioni leggendarie della storia americana. E le adatta al presente riuscendo a dimostrare che il suo discorso descrive la prospettiva più invitante per dire il futuro.
“«Obama si pone come un dissidente retorico. Per tutta la campagna si oppone alla costruzione di quel mondo “virtuale”. Invita a tuffarsi nella realtà. I giornalisti che seguono la sua campagna si stupiscono di non essere oggetto di attenzioni particolari. Per lo staff di Obama sono solo un problema logistico. Non sono pensati come strumento di manipolazione. Lo storytelling al quale si oppone, Obama, è tanto lontano dal racconto della realtà da condurre tutti quelli che ci lavorano al più profondo cinismo del quale poi tutti soffrono».”
Scusate, ma mi sto asciugando le lacrime dal ridere…. “I giornalisti non sno visti come srumento d manipolazione dallo staff di Obama”.. chi, da Rahm Emmanel ? Da Lawrence Sumners ? Ce li vedo a “soffrire di cinismo…” Ahahahahahahahahahahah. Ok per il problema logistico, nel senso che “tanto sono dala nostra parte comunque, cosa rompono i coglioni che ci tocca pure pagargli il rinfresco a questi qui”.. Che pena. Hanno ragione i mei amici d’Oltreoceano, esistono gli “Obots”, gli “Obama robots”.