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Cultura e internet. Appunti per oggi alla Digital Accademia

Il concetto di cultura è uno dei più ricchi di senso proprio per la sua idefinibilità o molteplicità di definizioni. È come un moltiplicatore di conoscenza, anche se per coglierne la capacità generativa occorre accordarsi sulla sua ambiguità.

Alla luce degli sconvolgimenti concettuali recenti, che molti connettono alla straordinaria crescita delle comunicazioni digitali, mi pare che si possa immaginare una sorta di classificazione delle forme culturali su tre livelli:

1. C’è un livello fondamentale, solitamente inconscio, che riguarda il funzionamento della specie umana. Dal punto di vista dell’evoluzione biologica, lentissima, genetica, gli umani sono quelli di 150mila anni fa. Ma la loro lotta per la sopravvivenza è stata condotta anche a livello intellettuale e tecnologico. L’estensione delle loro funzioni fisiche attraverso gli strumenti della mente e della conoscenza ha reso la cultura una sorta di acceleratore dell’evoluzione naturale. E, come gli utensili per la manipolazione della materia hanno aumentato la forza fisica dei muscoli degli umani, così gli strumenti della comunicazione e dell’elaborazione – in particolare digitale – hanno aumentato la forza mentale dei loro cervelli.

2. C’è un livello strutturale, solitamente dimenticato, che riguarda la formazione di gruppi di umani e che si organizza intorno ai riti, ai miti, alle mentalità, alle abitudini, alle forme della tecnologia, alle forme della socializzazione, alle concezioni identitarie, agli archetipi… È il livello dell’antropologia, la disciplina che ha fatto della cultura il suo concetto fondativo. Ma è anche il livello della grande storia delle civiltà. E, forse, il livello della psicanalisi junghiana.

3. C’è il livello socio-economico, quasi sempre citato, che riguarda le industrie culturali e le attività che definiscono le gerarchie in funzione dell’accesso al patrimonio di conoscenze di una società. Il mercato degli oggetti del pensiero, i sistemi educativi, le simbologie del potere della conoscenza, sono in questo livello. Qui la cultura è il frutto dell’attività sociale ed economica, non solo di mercato, non solo pubblica, ma anche legata alla manutenzione e all’arricchimento dei beni comuni della conoscenza.

Si sbaglierebbe a considerare questi tre livelli come separati. Ormai la rete li coinvolge tutti e il suo successo probabilmente è proprio legato alla sua capacità di connettere tutti i livelli della cultura, in un’epoca in cui, appunto, la cultura sta conquistando una centralità nel paradigma che serve alla comprensione sintetica dei caratteri fondamentali della storia del presente. La chiamiamo epoca della conoscenza: il valore economico dell’immateriale, le ritualità e le identità antropologiche e le forme di accelerazione della forza mentale, collettiva e individuale, sono tutti fenomeni collegati al cambiamento ambientale, sociale e pratico che la rete digitale sta generando.

Queste considerazioni si collegano a due discorsi i cui fili si tengono.

In primo luogo si tratta di appunti che forse possono servire a introdurre il tema di oggi alla Digital Accademia. Dove il lavoro è superpratico. Ma il sostrato culturale è molto sofisticato.

In secondo luogo è una riflessione connessa al tema della relazione problematica tra internet e attivismo, politico e culturale, con la sua inevitabile forse tendenza alla strumentalizzazione della comunicazione, che è stato sottolineato in relazione alla vicenda del video Kony2012 e che ha sollecitato gli interventi di Michele Kettmaier e di Giuliano Castigliego, a commento di un post precedente.

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  • Ciao Luca, interessante punto di vista antropologico. Ne ho scritto proprio qualche giorno fa soprattutto riguardo la “sostenibilità” della cultura. dariosalvelli.com/2012/03/culture-economy
    Che ne pensi?

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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