È certamente vero che la produttività del settore pubblico potrebbe essere migliore. Sarebbe giusto osservare che potrebbe esserlo anche la produttività della grande impresa italiana, spesso di origine pubblica o sostenuta a lungo dal settore pubblico. Si può dire con tranquillità che la produttività della piccola impresa esportatrice italiana è elevata e tiene in piedi il paese. Andrebbe aggiunto anche che tutti questi giudizi e, in parte, pregiudizi costituiscono tipici argomenti di facile demagogia e di certo non tengono conto dell’eroico lavoro di molti dipendenti pubblici e di molti innovatori che ci sono anche nella grande impresa. Ma se uno dovesse dire qual è la palla al piede dell’Italia dovrebbe scegliere la presenza in ogni ordine della società di persone criminali, illegali, totalmente disinteressate a stare alle regole.
C’è una contiguità storica tra le forme strutturali di illegalità come l’evasione fiscale, l’offerta di lavoro in nero e la criminalità. E se il potere se la prende con la produttività migliorabile del settore statale più di quanto se la prenda con l’economia illegale, come minimo non vede bene le priorità. Perché la scarsa produttività è un freno alla crescita del paese, ma l’illegalità è una sottrazione all’economia del paese, una causa di decrescita.
Le priorità dovrebbero essere ripetute costantemente, in modo che tutti siano allineati. E se non sono efficaci dal punto di vista demagogico, dovrebbero essere ripetute lo stesso.
La leggerezza con la quale troppo spesso si tratta l’economia illegale è un peso intollerabile per la crescita del paese.
In tante occasioni si sente parlare di fatti che dimostrerebbero aneddoticamente quanto detto (non ho particolari o nomi, solo fatti riportati). Insegnano, che il furto indiretto che produce all’economia nel suo complesso il comportamento criminale è anche più forte del furto diretto microeconomico.
Tanto per fare un esempio, un’impresa efficiente è stata battuta in una gara importante da un’altra della quale si dice che non paghi le tasse: l’illegalità è una forma di concorrenza sleale che fa vincere l’inefficiente illegale contro l’efficiente legale, mandando fuori mercato il secondo e rubando qualità e crescita all’insieme del mercato: il furto diretto all’impresa effeciente è inferiore al furto all’efficienza complessiva del nostro sistema e dunque alla sua capacità di crescere.
Nell’economia, non ci sono illegalità di poco conto, soprattutto nelle aree del paese più a rischio, se è vero che il passaggio dall’evasione fiscale alla protezione da parte della criminalità del colpevole è stato definito relativamente facile da magistrati ed esperti della lotta alla camorra in un convegno recentemente tenuto a Napoli sull’economia sommersa.
Se l’innovazione legislativa va nella direzione di favorire l’economia illegale, con la riduzione della gravità del falso in bilancio per esempio, con l’abuso dei condoni per esempio, la mancanza di chiarezza sulle priorità diventa visibile.
Per cui è persino troppo sofisticato osservare come la legislazione europea vada nella direzione di chiedere, per esempio, maggiore tempestività nel pagamento delle fatture: l’Italia non sembra in grado di ascoltare questa indicazione e le grandi organizzazioni italiane, in generale pubbliche e private, tendono ad allungare sempre di più i termini di pagamento delle fatture, facendosi finanziare dai fornitori, spesso piccole imprese che fanno sempre più fatica a trovare liquidità in banca. Questo è un modo non illegale di comportarsi se si guarda all’arretrato sistema legislativo italiano. Ma nella sostanza è una forma di furto alla crescita, alla fiducia e alla capacità innovativa del paese.
Come è persino troppo sofisticato chiedere, come faceva Innocenzo Cipolletta sull’Espresso qualche tempo fa, di condurre una lotta alla corruzione non solo nel settore pubblico ma anche nella grande impresa. La legge non chiama “corruzione” la mazzetta che si prende un manager per decidere di acquistare da un fornitore piuttosto che da un altro. Ma in contesti legislativi più moderni questo sarebbe preso in considerazione. Le regole del mercato vanno protette, altrimenti la funzione generativa della concorrenza viene tradita e il sistema non innova. In queste condizioni la crisi del settore pubblico è doppiata dalla crisi del settore di mercato. E le varie retoriche non hanno più corrispondenza alla realtà e alle priorità fondamentali.
Conclusione. Per valutare un programma politico si dovrebbe vedere in che posizione di priorità viene vista la lotta all’economia illegale rispetto alla richiesta di maggiore efficienza nel settore pubblico. Se la priorità è più alta per la seconda questione, il programma perde punti in maniera piuttosto significativa. Imho.
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