Massimo Mantellini ha risposto al mio post precedente con considerazioni a suo dire deprimenti: il meglio che è venuto fuori nell’editoria per gli iPad è stato la possibilità di leggere lo stesso giornale di carta anche sul tablet. Ma più che considerazioni deprimenti, queste sono considerazioni descrittive. Quello che ci interessa è capire che cosa succederà poi.
Ringrazio Massimo perché ha fatto emergere meglio un tema che avevo lasciato implicito: è possibile che gli editori producano qualcosa di davvero buono per il tablet, innovativo e produttivo per il loro business, consapevole dei passi avanti che il web ha fatto fare al pubblico (passi avanti dei quali il pubblico rifiuta e rifiuterà – giustamente – di privarsi)?
Lasciamo perdere il cinismo con il quale si potrebbe rispondere in generale sulla politica degli editori (anche perché facendo il giornalista dovrei prima di tutto parlare delle responsabilità dei giornalisti). Il punto è un altro. Che cosa succederà davvero?
Lo scenario di piccolo cabotaggio, continueremo a leggere i pdf sul tablet è davvero il più probabile?
No. E’ quello che si realizzerebbe se non succedesse più niente. Ma se c’è una cosa poco probabile è proprio che non succeda più niente.
Gli incentivi a innovare per gli editori cresceranno. La crisi, le opportunità, il ricambio generazionale, le novità che si potranno emulare, i nuovi tablet e le nuove piattaforme… Il punto è che qualcuno probabilmente prenderà la strada giusta e gli altri saranno costretti ad andargli dietro. Quale strada giusta?
Ecco alcuni spunti:
1. Il web e le applicazioni per l’iPad non sono dimensioni contraddittorie, ma integrate (come tutto o quasi nei media, peraltro)
2. Le opportunità di business che offrono sono specifiche (non vanno pensate come il rimedio alla perdita della carta); si deve pensare che cosa può portare in più ogni nuova forma con la quale si propone l’informazione (non pensare a quello che si perde, ma pensare a creare di più e di meglio con ogni medium)
3. La sperimentazione fa comprendere come funziona un nuovo mondo e quando si è imparato si va più veloci. Siamo nella sperimentazione, ancora.
Ed ecco dunque alcune considerazioni costruttive:
1. La logica del web andrà avanti e avrà ancora a lungo la leadership culturale. Il business sostenuto dalla pubblicità continuerà a crescere, su pc e su tablet. Basterà? Niente basterà, ma tutto servirà. Non stiamo sostituendo un vecchio business con un nuovo. Stiamo costruendo un nuovo business.
2. Il design delle applicazioni non è necessariamente chiuso. Si possono fare le applicazioni in html5 o con le funzioni di social networking e altro. Si possono mettere gli stessi contenuti in diversi contesti (web e apps). Si possono creare contenuti specifici per ogni medium. Ma di certo il design di quello che va sul tablet ha le sue specificità: perché il tablet si porta in giro, si tocca, si può apprezzare con più calma e comodità che un pc sulla scrivania dell’ufficio… mentre la velocità e la comodità del pc nell’interazione resteranno a lungo migliori.
3. Le storie raccolte dai giornali andranno proposte in tutti i modi possibili e comodi per il pubblico. In tutti i modi che il pubblico riterrà di gradire. Alcune cose andranno a pagamento se avranno il valore giusto, anche modesto ma riconoscibile. E su questo c’è ancora da lavorare: ma non per tornare indietro, per andare avanti.
(Giusto per la cronaca, Pew ha messo in giro una ricerca sulla disponibilità a pagare per i contenuti digitali in America. L’arpu di 10 dollari al mese non è molto, ma è anche l’arpu medio dei siti che fanno la raccolta pubblicitaria. Le logiche di sviluppo sono ancora tutte da definire: ma ci sarà bisogno di perseguire con ragionevolezza tutte le strade. E questo vale sia per i vecchi editori che per i nuovi. A questi conti andrà dedicato un ulteriore post).
Background su Editoria delle apps
Ciao Luca,
Come mi sembra tu stesso sostenga, l’editoria su iPad non significa prettamente riportare il giornale cartaceo su iPad così com’è, occorre re-inventarlo. Partendo da questo presupposto, bisogna re-inventarlo sfruttando i vantaggi del device (tablet) e del web. Mixando questi vantaggi può nascere un prodotto davvero vincente.
A mio avviso un prodotto edioriale che ha capito di doversi re-inventare e che ha sfruttato molto bene il vantaggio del device è Project di Virgin. Però vedo che non sta uscendo – come era stata annunciato mesi fa – il secondo numero. Non so se per ritardi o per scarso tornaconto del primo numero. Project ha sfruttato bene i vantaggi del device, ma a mio avviso non ha saputo fare altrettanto con il Web.
G.
Perché si acquista una rivista ? Se non è legata al lavoro spesso è un acquisto di impulso, ci si annoia, si passa davanti ad una edicola, in stazione, in aereoporto e si prende.
Si porta un po’ sotto il braccio, si sfoglia. Alcune ci fa piacere lasciarle in giro per casa, magari quelle di arredamento o di viaggi, per far vedere che le leggiamo.
Ma se in viaggio ho internet non compro una rivista e negli altri casi semplicemente non è un sostituto.
Poi c’è che l’acquisto in strada è molto diverso dall’acquisto in internet, mentre il primo è di impulso mentre siamo immersi nella brutta realtà quitidiana il secondo è ragionato e fatto mentre siamo immersi nello sconfinato web. Quando, avendo tutta internet a disposizione, sento l’impulso di pagare 3 euro per accedere ad un sito o comprare una app con un bel titolo accattivante ed una ragazza con in mano un surf in copertina ? Risposta : mai. Leggo chi è la ragazza e la notizia e cerco gratuitamente in rete. Quelle vendite non credo torneranno.
Perché si acquista una rivista ? Se non è legata al lavoro spesso è un acquisto di impulso, ci si annoia, si passa davanti ad una edicola, in stazione, in aereoporto e si prende.
Si porta un po’ sotto il braccio, si sfoglia. Alcune ci fa piacere lasciarle in giro per casa, magari quelle di arredamento o di viaggi, per far vedere che le leggiamo.
Ma se in viaggio ho internet non compro una rivista e negli altri casi semplicemente non è un sostituto.
Poi c’è che l’acquisto in strada è molto diverso dall’acquisto in internet, mentre il primo è di impulso mentre siamo immersi nella brutta realtà quitidiana il secondo è ragionato e fatto mentre siamo immersi nello sconfinato web. Quando, avendo tutta internet a disposizione, sento l’impulso di pagare 3 euro per accedere ad un sito o comprare una app con un bel titolo accattivante ed una ragazza con in mano un surf in copertina ? Risposta : mai. Leggo chi è la ragazza e la notizia e cerco gratuitamente in rete. Quelle vendite non credo torneranno.
Ciao Luca,
il post è davvero molto interessante.
devo precisare alcune cose. L’ARPU è la media di revenue per utente ma tiene presente anche dei NON paganti. Per cui se la ricerca di Pew dice che il 35% degli utenti acquista contenuti digitali per 10$ mese, l’ARPU sarà il 35% di 10 ovvero 3,5$.
Quello che descrivi tu è l’ARPPU, ovvero la media delle revenue generate dai paganti.
Qui le differenze: http://www.raphkoster.com/2009/03/16/arpu-vs-arppu/
Questo cambia un pò lo scenario sopratutto se raffrontato all’ARPU di 10$ della raccolta pubblicitaria.
Ciao e a presto
gianluca
Le apps sono comode ma devono dare qualcosa in più altrimenti l’utente preferisce accedere al web e trovare le stesse notizie in modo gratuito
Ritengo che per le app editoriali la strada più promettente sia quella della customisation (la personalizzazione dei contenuti), che è poi uno dei pilastri dell’era digitale. Se guardiamo ai dati demografici del rapporto Pew , coloro che sono disposti a pagare per giornali e riviste digitali (sarebbe interessante conoscere la suddivisione tra giornali e singoli articoli) appartengono ad una fascia alta per reddito e titoli di studio. In base ai risultati della ricerca che svolgo personalmente, questi soggetti sono particolarmente interessati all’ottimizzazione del proprio tempo (risorsa percepita come scarsa) e sono disposti a pagare per avere rapidamente a disposizione tutte e solo le informazioni di cui hanno bisogno e cui sono realmente interessati. In altre parole sono persone disposte a pagare per una funzione di filtro personalizzato. Questo avvantaggia i grandi gruppi editoriali, giacché raramente le suddette informazioni provengono da una sola fonte. Questo spiega il successo degli aggregatori di notizie (Pulse per fare un esempio).
Luca, leggo il tuo blog per la prima volta e lo trovo davvero interessante.
Ciao e alla prossima,
Giulia