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Lezioni Wikileaks

Wikileaks ha dato una bella lezione a tutti, compresa sé stessa. Ecco gli insegnamenti principali:

1. L’informazione grezza va verificata, selezionata, constestualizzata, editata. La filiera che va da chi possiede un documento riservato e lo vuole rendere pubblico, a chi lo raccoglie nascondendo la fonte, a chi lo verifica e poi pubblica, costituisce una divisione del lavoro importante e ogni sua parte ha un grande valore. (cfr. Crovitz – Wsj – pagina a pagamento)
2. I giornali che capiscono questo gioco migliorano. Per spingere i giornali a capire questo gioco può essere necessario uno shock. Come quello che Wikileaks ha generato in due riprese nel corso del 2010. (cfr. Carr – Nyt)
3. Se gli stati e le imprese non vogliono che i documenti riservati diventino pubblici devono proteggerli soprattutto dai loro stessi funzionari e impiegati. Perché anche se riusciranno a chiudere Wikileaks, ci saranno altre piattaforme capaci di aiutare chi vuol far conoscere le cose che succedono.

Ma non ci sono solo lezioni. Anche questioni aperte.

1. Il potere si è distribuito in modo diverso e più diluito negli ultimi tempi. E’ sceso il potere degli stati. E’ salito quello delle organizzazioni criminali, che in certi casi si sono conquistate uno stato. E’ salito il potere delle aziende multinazionali e delle banche, che riescono a far fare agli stati quello che vogliono. In questo contesto cercano più potere anche organizzazioni formali come Wikileaks o Openleaks, giocando sulla disponibilità di informazioni; e insieme a queste cercano più potere anche delle sedicenti organizzazioni di cosiddetti hacker, che si danno un brand, lo rendono famoso con azioni eclatanti, sperano di conquistare influenza, attenzione e potere. Quali tra le organizzazioni che sono emerse in questa occasione sono reali e quali un bluff? Quali sono le loro agende?
2. Le aziende che fanno un mestiere tecnico, come Visa, Mastercard, PayPal, Amazon, possono sentirsi in dovere di prendere delle posizioni politiche. Che senso ha? E’ perché i loro responsabili si sentono vicini a qualche politico, perché hanno avuto qualche avvertimento, o perché sanno che in presenza di stati sempre meno forti e influenti occorre che esse stesse maturino un comportamento politico?
3. Come sono stati scelti i giornali cui affidare i leaks? Perché gli altri sono stati esclusi? C’è stata una trattativa o solo una scelta unilaterale da parte di Wikileaks? E perché i politici se la sono presa con Wikileaks ma non con i giornali che hanno pubblicato i leaks?

Il paragone che aiuta a interpretare meglio la situazione è quello che avvicina Wikileaks a Napster. L’eventuale sconfitta di Napster non ha fermato la cosiddetta pirateria della musica. Il numero di sistemi per continuarla è cresciuto sempre e la loro qualità migliorata costantemente. La risposta violenta delle case discografiche non è servita a nulla. Quello che è servito è stato maturare un nuovo modello di business per la musica registrata e un nuovo rispetto per gli artisti e il loro pubblico.

Allo stesso tempo, la violenza degli stati può essere più pericolosa della violenza delle case discografiche. E se dovesse aprire la strada a una repressione della libertà di internet, Wikileaks avrebbe un effetto boomerang davvero drammatico. Di certo, molti poteri vecchi e incancreniti ne sarebbero felici. E gli innovatori veri avrebbero una difficoltà in più per dare il loro contributo.

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  • la seconda domanda mi sembra un po ingenua. Non credo che le aziende con un ruolo tecnico vivano un qualche processo critico, semplicemente non siamo al corrente di quali argomenti abbia potuto usare il Dipartimento di Stato con loro. E’ pura tattica, la loro, secondo me.
    E’ di pochi giorni prima la notizia che la diplomazia statunitense si era attivata in Russia per scongiurare la realizzazione di un progetto russo sul processing dei pagamenti che avrebbe penalizzato Visa e Mastercard.
    Paypal ha ceduto perché la regolamentazione di cose finanziarie può essere sfumata e complessa e di modi per essere colpita ce ne possono essere centinaia.
    Mentre Facebook ha resistito perché il suo valore per l’apparato della sicurezza sta nella monitorizzabilità del grafo sociale, più che nell’espletamento di un servizio tecnico.
    Anzi la presenza della pagina di Wikileaks su fb probabilmente consente loro di tracciarsi il grafo in 3d dei diversi tipi di sostenitori di Wikileaks, con una interfaccia a zoom che consente di aumentare il dettaglio a piacimento fino al singolo, senza uscire dai loro uffici.
    Cioé fb non avrà ceduto in pubblico ma chi ci dice cosa accada dietro le quinte ?
    La mia tesi è quella della banalità del male. Quelli non hanno vision e strategia, che richiedono dote umana, sono piuttosto animati dallo spirito anaffettivo e disempatico dei burocrati. L’anaffettività e la disempatia la possono avere solo i mediocri, o, come dice Pannella, i capaci di tutto (il monumento di questa cosa è Eichmann)
    Insomma è il prevalere del management sulla vision.
    Ma il management e la gestione burocratica sono portatrici, sebbene i soggetti siano inconsapevoli, di una bella significatività politica e storica.
    Come nei fenomeni complessi, tante piccole azioni localmente stupide assommano a un fenomeno nuovo, non sono una semplice somma.
    E’ la base del fenomeno neurale, i neuroni sono relativamente semplici, ma l’effetto a rete è un po meno semplice.
    Adesso questa loro reazione scomposta, come quella dei discografici sul p2p, ha del psicologico. Il sintomo, quando si sente avvicinato, reagisce.
    Fare previsioni è impossibile; io dal canto mio se fossi un miliardario filantropo, incaricherei una fondazione di ricercare una tecnologia per migrare il web ad una architettura p2p
    Non vi sorprenderà leggere che non sono un miliardario ma aggiungerò che probabilmente non sono neanche così filantropo.

  • “Gli avvocati che si battono per la libertà di Internet ci hanno ripetutamente avvertito che le èlite italiane, su entrambi i fronti dello spettro politico, sono molto a disagio per la capacità di Internet di bypassare i media tradizionali che loro controllano”. Ambasciatore Usa in Italia, David Thorne sul Corsera di oggi

Luca De Biase

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