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È difficile parlare della guerra

Mariarosaria Taddeo, filosofa a Oxford, ha raccolto in un volume le sue profonde ricerche sulla guerra giusta all’epoca dell’intelligenza artificiale e le offre modificate quanto basta per rispondere a una quantità di domande poste dalla contemporaneità. Il risultato è “Codice di guerra. Etica dell’intelligenza artificiale nella difesa” (Raffaello Cortina Editore 2025). Un libro da leggere e rileggere in un’epoca che ha enorme bisogno di chiarezza concettuale: in un mondo iperconnesso e insieme diviso in tanti ombelichi del mondo, in un contesto nel quale la tecnologia trasforma il confronto tra i poteri in maniera apparentemente inarrestabile, in un periodo storico nel quale alleanze e inimizie si modificano di settimana in settimana, la guerra si mescola alla pace, gli obiettivi politici si confondono con quelli ideologici, il confronto di forze si giudica nei modi più incerti e inavvertiti.

Phillips Payson O’Brien lo fa capire meravigliosamente nel suo nuovo libro: “War and Power. Who Wins Wars and Why” (Penguin Viking 2025). O’Brien ricorda come la prospettiva con la quale gli occidentali guardavano alla guerra si sia contrata con la realtà dopo l’invasione russa dell’Ucraina. «Non ho bisogno di un passaggio. Ho bisogno di munizioni» disse Volodymyr Zelensky agli americani che gli offrivano un mezzo di trasporto per fuggire dal suo paese. Gli americani erano certi che l’attacco russo era destinato a concludersi in breve tempo con una schiacciante vittoria dell’invasore. I think tank americani prevedevano che in qualche ora, al massimo in qualche giorno, tutto sarebbe finito. Del resto, a quanto pare, anche i russi erano convinti che la guerra sarebbe stata una passeggiata. Ma Zelensky dimostrò che così non era. E la lunga guerra è ancora purtroppo in corso. O’Brien argomenta con chiarezza: la guerra non è un insieme di battaglie e non si vince solo con la tecnologia e la potenza economica. È un fenomeno molto più complesso.

Taddeo esplora questa complessità aggiungendo la dimensione etica, filosofica, razionale, di lunga durata. Spiega che cosa sia la guerra giusta. Lavora sul tema delle proporzioni nell’uso della forza e sull’innovazione del concetto stesso di forza nel contesto digitale. L’intelligenza artificiale è il nuovo soggetto di analisi. Si applica alle armi autonome, apre la strada a nuove battaglie tra stormi di robot volanti, ritorna nella quotidianità intervenendo nel dibattito interno ai paesi avversari per vie che sono molto più articolate che la semplice disseminazione di disinformazione. Che cosa è giusto nella guerra del XXI secolo, si domanda Taddeo con la passione che merita questo tema. Soprattutto si arriva a vedere come, nella grande trasformazione contemporanea, le prime ad essere sconfitte sono tutte le posizioni preconcette in materia. «Se l’aggressione di uno Stato a un altro Stato o popolo rimane ingiustificabile, anche il diritto di uno Stato a difendersi e opporre resistenza a un aggressore rimane innegabile» scrive Taddeo.

Certo, questa affermazione di chiarezza cristallina, è anche densa di conseguenze. Nelle società democratiche liberali, una guerra è giusta se è una guerra di difesa, dice Taddeo. E quando si difendono le democrazie liberali devono considerare l’etica, cioè i diritti e i valori fondamentali che vogliono tutelare, aggiunge, perché se vi rinunciassero «questo significherebbe sconfiggere sé stesse». Che cosa significa difendersi nella guerra cibernetica? Che cosa significa per queste “democrazie liberali” prepararsi alla difesa in un mondo di armi modificate dall’intelligenza artificiale e in un contesto di dibattito politico avvelenato dalle strutture mediatiche polarizzanti, mentre gli avversari possono controllare l’informazione e usare qualsiasi arma abbiano a disposizione? Taddeo affronta questi dilemmi. E riesce a unire la sua ricerca delle risposte all’impressione che la soluzione coincida davvero con una superiorità strategica di fondo. Non è un’assicurazione per la vittoria, ma è un aiuto: i sistemi che comprendono filosoficamente e pragmaticamente la guerra giusta possono anche essere i sistemi che sanno pensare strategicamente in modo più articolato.

O’Brien accorre in aiuto a questo proposito. Perché quando si domanda che cosa succeda in un mondo in cui non si può escludere che la Cina e gli Stati Uniti finiscano per entrare in guerra tra loro, lo storico suggerisce una considerazione da meditare: che se quei sistemi politici comprendessero la guerra davvero, alla fine deciderebbero di non farla.

I testi citati in questo post potrebbero servire a chiunque voglia aiutare il proprio sistema politico a comprendere meglio la guerra. L’impressione di fondo è che l’investimento nello studio della guerra libero da pregiudizi sia un buon uso delle risorse per coltivare la pace. E forse anche per imparare a guidare davvero la preparazione alla difesa facendo riferimento ai valori democratici: la democrazia non è una condizione acquisita, ma una conquista continua frutto del più autentico spirito di ricerca. La democrazia non si esprime soltanto nel giorno del voto ma in tutta la preparazione che una società sa dedicare alle scelte che compie quel giorno. I pregiudizi la corrodono: la ricerca autentica la cura, la salvaguarda e la sviluppa. In pochi argomenti questo è vero come per la guerra: è difficile parlare della guerra ma è necessario e può far bene. Buona lettura.

Libri

Mariarosaria Taddeo, “Codice di guerra. Etica dell’intelligenza artificiale nella difesa” (Raffaello Cortina Editore 2025)

Phillips Payson O’Brien, “War and Power. Who Wins Wars and Why” (Penguin Viking 2025)

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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