Dall’inizio della legislatura ci sono stati 336 cambi di gruppo tra i parlamentari. Circa 10 al mese. Circa il doppio della legislatura precedente (OpenPolis). È probabile che sia dovuto alle grandi novità delle elezioni del 2013 (M5S, Scelta Civica) che hanno creato gruppi meno stabili di quelli del passato e alla vittoria risicata del Pd. Ma l’instabilità apparente della maggioranza è un’attrattore di parlamentari che scommettono sulla trasformazione del Pd e diventa contemporaneamente un motivo di abbandono per chi non l’approva. Sta di fatto che un governo non scelto con campagna elettorale si poggia su un Parlamento nel quale molti si collocano in un gruppo diverso da quello per il quale erano stati eletti. È una prova di flessibilità, pragmatismo, imprecisione dell’assetto democratico italiano, abituato a una scarsa sovranità e dunque consegnato a un certo disinteresse per le relazioni tra istituzioni e idealità, obiettivi e strumenti, informazione e comunicazione. Le questioni decise altrove Europa, TTIP) contano sempre di più. I posti assegnabili dal sistema politico attraggono un po’ di meno. Intanto, però, gli elettori se ne sono finalmente accorti: non a caso, diminuiscono coloro che vanno a votare. Si direbbe che la società stia imparando ad apprezzare le riforme che, pure, in questo periodo sono fatte, senza partecipare troppo. Perché ormai le soluzioni si trovano altrove: nell’innovazione sociale, nell’impreditorialità, nelle opportunità che qualcuno – in buon numero – coglie all’estero. È davvero una grande trasformazione del paese, un adattamento per ora non scelto alla contemporaneità, che però alla fine potrebbe essere capito meglio e preludere a qualche forma di ridefinizione più consapevole della società e dell’economia. Forse.
17/02/2016 09:45
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Parlamentari in movimento. Grazie OpenPolis
17/02/2016 09:45
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