E dunque il dossier Telecom Italia-Spagna è diventato attuale. Era importante da dieci anni. Ma è diventato interessante solo perché c’è la partita con la Spagna.
La golden rule, che era stata tenuta a bagno maria per un po’, entra in gioco. Le regole sull’opa potrebbero cambiare, per difendere i piccoli azionisti, ma molto molto in fretta per difendere anche quelli di Telecom. La rete è diventata una risorsa per il bene comune nazionale.
La storia post-privatizzazione della Telecom è stata una storia di distruzione di ricchezza. Quintarelli ne pubblica una sintesi. Con un documento spietato.
Ma se la ricchezza è stata dispersa, la competenza è restata, nelle persone che lavorano alla Telecom. In un quadro strategico proattivo orientato allo sviluppo e alla modernizzazione della società italiana, nel solco dell’agenda digitale, può rivitalizzare il senso di un investimento nella rete. Non lo hanno fatto i vecchi proprietari e non c’è motivo di pensare che lo farebbero i nuovi, a prescindere dalla loro nazionalità. È necessario dare una strategia allo sviluppo della rete. Ed è il momento: visto che ormai è quasi troppo tardi.
bel testo, ma il tuo e’ “wishful thinking”..
capisco la necessità per un giornalista ed “opinion leader” di generare un sentimento positivo per creare l’effetto della “profezia che si autoavvera” (“non e’ ANCORA troppo tardi, dai forse c’e’ una soluzione..”)
ma INVECE e’ troppo tardi per TI (e per tante altre aziende) o almeno per la stessa AZIENDA ITALIA.
Da TI, le “competenze” se ne sono sicuramente andate (a cercare maggiori soddisfazioni altrove) o, se sono rimaste, sono completamente demotivate e frustrate dall’incapacità e/o dalla malafede del management (top, middle..)
ma la cosa peggiore, secondo me, è vedere che si continua a concepire la Legge e le regole come un orpello “dual use” (si interpretano per gli amici, si applicano/modificano per i nemici).
se anche si “salvasse la rete” (da quale pericolo, poi..) dallo “straniero” (e parliamo di uno stato membro EU..), con un escamotage last minute, ma QUALE credibilità di Paese adatto ad investimenti esteri andiamo a proporre?
Da questa situazione non si esce “seriamente” con il solito trucchetto di cambiare le carte in tavole.
Accettare le conseguenze delle proprie azioni passate, a livello complessivo di STATO, che allora (al tempo della prima privatizzazione?) era rappresentato da “responsabili” democraticamente eletti, sarebbe, secondo me, un segno di maggiore, maturità.
Solo le prossime “Elezioni” sono l’occasione democratica per trarne (e far trarre) le conseguenze a chi di dovere (e dare un segno alla comunità internazionale che il popolo italiano sta riappropriandosi del proprio futuro).
Ovvio che con questa ultima frase pomposa sembro io l’illuso.. ( o almeno ho lanciato la mia “profezia che si autoavvera”.. 🙂
Il problema è proprio la mancanza di strategia. L’unica che si sta adottando da qualche anno a questa parte, è vendere. Con la conseguente perdita della capacità di guardare al futuro. (( ne ho parlato qui: http://ilpicchioparlante.wordpress.com/2013/09/26/cera-una-volta-il-made-in-italy/ ))
C’era una volta un’Italia industrializzata, con un welfare di tutto rispetto, che conosceva la parola progresso. Oggi non si riesce più a pensare alle prossime generazioni. Non ci sono più risorse: (economiche) è la scusa. Non ci sono più idee, è la realtà!
Se la legge 80/20 (principio di Pareto) funziona, allora è giusto agire solo in zona Cesarini, si risparmia un sacco di tempo inutile. Una osservazione forse controcorrente ma che a mio avviso dà una logica all’agire “italiano”.