Il dibattito sulle leggi speciali per il controllo del web che è nato da qualche interpretazione restrittiva di un discorso della presidente della Camera, in Italia, porta sempre alla luce i preconcetti. Quindi, ogni occasione è buona per far valere il diritto e l’intelligenza, contro l’oscurantismo. Certo è che, questa stagione seguita alle sliding doors dei primi giorni dopo le elezioni, sembra perfettamente orientata alle polemiche di principio e di bandiera, con una netta prevalenza per quelle di destra, che non hanno peli sulla lingua. Il Nichilista ha fatto un riassunto ragionato dei temi.
I regimi autoritari funzionano meglio quando c’è poca certezza del diritto. I liberali vogliono regole certe e forti pensando che rispettate quelle regole, il resto si può fare. Gli autoritari mettono paura alla gente facendo capire poco e male quello che è permesso e quello che è vietato. Lo si vede per esempio nel copyright. Il fair use del copyright è il diritto di pubblicare qualcosa che sia soggetto al diritto d’autore in nome di un diritto superiore – tipo il diritto di usare i materiali culturali necessari nell’educazione, nell’informazione pubblica, nel dibattito critico, ecc, nella giusta misura – che è precisato in una quarantina di paesi del mondo, prevalentemente ma non esclusivamente di tradizione giuridica anglosassone. Uno studio molto utile è segnalato da Carlo Blengino e si trova in pdf: The Fair Use. L’Italia non è tra i paesi che hanno chiarito nettamente il diritto al fair use. Simone Aliprandi ha scritto un pezzo un pezzo da leggere sul copyright, qualunque idea se ne abbia.
La privacy è un altro tema di riflessione. A quanto pare, in questo settore, il vero difensore della libertà e del diritto di proteggere i dati personali è soprattutto la consapevolezza della persona. Ma le forme di comportamento irrazionale in questo contesto sono molto diffuse. Lo studia Alessandro Acquisti a Carnegie Mellon University. Il pezzo che riassume la sua attività di ricerca è uscito sul New York Times qualche settimana fa, ma vale la pena di recuperarlo. (NyTimes)
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