La ricostruzione delle vicende del Macao fatta da Global Voices e l’aggregazione di notizie realizzata da Micheket hanno mostrato l’importanza e l’ampiezza dell’interesse suscitato dalla manifestazione degli artisti per la creazione di uno spazio fisico e mentale destinato alla generazione di cultura in un momento storico in cui i confini del privato e del pubblico si confondono, se non a livello legale almeno dal punto di vista funzionale.
È un esempio di quanto il nostro paese sia stretto tra obiettivi ineludibili e apparentemente contrastanti. Non ci possiamo permettere di tollerare altra illegalità. Ma non possiamo rilanciare lo sviluppo soffocando l’energia che deriva dalla cultura.
La società lo sente, le persone più sensibili lo testimoniano. In mancanza di spazi e risorse, non può stupire che la dinamica culturale si manifesti anche in forme antagoniste. Specialmente dopo un trentennio centrato proprio su una forma particolare di politica culturale, interpretata come distruzione dello sviluppo culturale “organico” e invasione dell’inquinamento culturale della strategia della disattenzione.
La strada preferita dell’insieme della società non è certo quella della distruzione creativa. L’insieme della società ha bisogno di rassicurazione. Ma, dopo il risveglio drammatico alla realtà che caratterizza questo periodo storico, la società non accetta più rassicurazioni finte. Cerca una legalità non formale, ma basata sulla sua funzione civica. Cerca cultura nuova ma autentica. Cerca una prospettiva, fatta di visione e di azione possibile: le persone sono disposte ad affrontare difficoltà enormi – come hanno dimostrato nei primi mesi di questa nuova fase politica – ma vogliono che tutto questo abbia uno scopo pratico e un senso profondo. Chi vuole prendersi cura di questa società, a qualunque livello di responsabilità, deve saperlo. Non siamo spettatori, consumatori, target, profili… Siamo persone vere.
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