«L’artigiano sa fare, ma non sa dire che cosa sa fare». Richard Sennett ha conquistato un posto fondamentale nella riflessione sulla relazione sull’homo faber con il suo libro sull’artigiano e prosegue il percorso con un nuovo libro dedicato alle pratiche della collaborazione. Prima di arrivare con il terzo che pare sia destinato a indagare sulla formazione della città. Esplorazioni affascinanti proprio perché rispondono all’esigenza chiarissima della contemporaneità: come vivere in un contesto che ci chiede di operare – sempre più velocemente, efficientemente, innovativamente… – ma che ci organizza in modo da rimettere ogni riflessione abituale in discussione. “Insieme” è un libro sulla collaborazione come pratica artigiana.
La collaborazione è conseguenza dei caratteri originari della specie umana, ma non è univoca e non è buonista. Si collabora per fare una rapina in banca, per governare una banca e profittarne, come si collabora per allevare un figlio, per scambiare notizie e conoscenze o per gestire un bene comune.
Le forme della collaborazione sono molte. Sennett sottolinea fin dall’inizio la distinzione tra il principio della “simpatia” – che è in fondo la capacità del soggetto di dichiararsi capace di soffrire e gioire con l’altro, assorbendolo dunque in una forma di estensione della sua soggettività – e il principio dell'”empatia” – che invece parte dall’ascolto dell’altro in una forma dialogica che non fa cessare l’alterità ma estende la conscenza e la vicinanza. È un modo per segnalare la differenza tra la collaborazione tra simili o assimilabili – forse oggi predominante – e la collaborazione tra diversi cosmopoliti – forse oggi vieppiù necessaria.
La collaborazione è primaria, la crescita dell’individuo si forma in funzione del contesto collaborativo. E la collaborazione si arricchisce della capacità dell’individuo di esprimersi. Sennett non vede nei social network una forma di collaborazione univoca e necessariamente positiva. Casomai osserva che alla sua età sente la differenza tra la lettera di carta, che richiede tempo e attenzione, e la massa di messaggi di posta elettronica che richiedono velocità e generano ansia.
Forse, deducendo molto oltre le parole di Sennett, la sua esperienza ci dice che la mail è più adatta a gestire molti collegamenti. E non dovrebbe essere un caso in un contesto nel quale i collegamenti necessari sono molti e crescenti, per motivi di crescita demografica quantitativa, per motivi di urbanizzazione, per motivi di globalizzazione. La rete sarebbe in questo senso una risposta di specie e di cultura alla moltiplicazione delle connessioni necessarie alla vita quotidiana in un mondo di 7 miliardi di persone, più della metà delle quali vivono in città, che trovano la loro crescita personale, economica, culturale in una condizione di mobilità superiore a quella cui erano abituate le generazioni precedenti e, in un numero crescente di casi, con un livello di relazione sempre più internazionale.
Sempre sulla collaborazione, ma questa volta scientifica, e come sta cambiando e come potrebbe cambiare, consiglio “Le nuove vie della scoperta scientifica”, http://www.einaudi.it/libri/libro/michael-nielsen/le-nuove-vie-della-scoperta-scientifica/978880620896.
[…] al lavoro di molti studiosi straordinari che da molti anni lavorano in queste direzioni, come Richard Sennett, Daniel Kahneman, Amartya Sen, Yochai Benkler e altri grandi pensatori del nostro tempo […]
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[…] la sciaguratezza di scelte non votate al bene comune e i vantaggi della collaborazione (vedi qui) e della […]
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