The undercover economist, Tim Harford, visto a Ted, critica brillantemente le teorie e le pratiche di gestione e governo dell’economia basate su pochi dati che non hanno alcuna possibilità di descrivere la complessità del sistema. I modelli deterministici non spiegano nulla che possa servire a interpretare le tendenze dell’economie. Conseguenza? Dice Harford:
1. Nella maggior parte dei casi ci si affida al “complesso di dio”. Arriva qualcuno che riesce a convincere tutti che proprio lui ha capito come vanno le cose. Un economista o un politico… Persone aiutate nel far credere gli altri il loro anche da un sistema mediatico che avvalora l’idea che proprio loro abbiano capito tutto e che non sfida il modo di ragionare che li porta alle conclusioni che propongono come ricetta per rispondere ai problemi.
2. Raramente si ricorre al modo in cui effettivamente vengono fuori le tendenze. L’evoluzione lo dimostra. E’ un processo di “prova ed errore”. Anche la realtà dell’economia non è altro che un processo di “prova ed errore”. E per comprendere come va anche gli studiosi dovrebbero avere un approccio aperto alla “prova ed errore”. E i politici dovrebbero comprendere che anche loro seguono inevitabilmente lo stesso processo di “prova ed errore”: la differenza la fa la loro disponibilità a imparare (dio non impara, sa già tutto, ma i politici non sono dio).
Conclude Harford. Non è facile ammettere che le decisioni che si prendono nella vita reale possano essere sbagliate. Ma i fatti dimostrano che si sbaglia molto. E allora sarà meglio cambiare l’approccio e dichiarare che gli errori servono per imparare e fare emergere soluzioni migliori, come avviene nell’evoluzione. Non è difficile fare errori. E’ difficile fare “buoni errori”, tali da migliorare la società.
Tim Harford ha pubblicato quest’anno: “Adapt. Why success always starts with failure”.
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