Leggendo il libro di Raj Patel vien voglia di raccontarlo. Il capitolo dedicato al mercato e all’homo oeconomicus per esempio offre spunti da registrare. Perché non si occupa solo di ricordare che l’essere calcolatore ipotizzato dall’economia neoclassica non esiste. In realtà, offre angoli di riflessione molto più avanzati.
In sostanza, dice Patel, il mercato è un fenomeno sociale. Funziona se e solo se le regole sociali funzionano. Se c’è fiducia tra le persone il mercato. Se esiste una condivisa idea del fatto che lo scambio economico deve avvantaggiare tutti i partecipanti in modo equo. In una società che funziona, il mercato determina il giusto valore di scambio tra le merci, sicché ciascuno ne trae il giusto guadagno. Il mercato non funziona nelle società in cui nessuno si fida degli altri, nelle società in cui la prevaricazione e la violenza prevalgono. Il che significa che se si vuole una società di mercato, si vuole una società attenta ai beni comuni (come la fiducia negli altri e ciò che la determina e salvaguarda) almeno altrettanto di quanto non sia attenta al vantaggio individuale. Esiste una razionalità dell’altruismo (e della consapevolezza che gli affari si fanno in due), che probabilmente risponde all’irrazionalità ormai provata delle singole persone.
Hai per caso letto “The Origins of Virtue” di Matt Matt Ridley? Argomentazione simile ma a partire da etologia e antropologia.
grazie!
Interessante. Per lo stesso motivo molti studiosi arrivano a ipotizzare che il concetto di “responsabilità sociale di impresa” non avrà più senso in un futuro non troppo lontano. L’impresa privata dovrebbe inglobare di per sé il valore sociale, essendo inserita in un contesto di relazioni.