Una storia magnifica. Le concert, il film di Radu Mihaileanu, racconta il riscatto di un’orchestra che aveva suonato al Bolshoi ma era stata dispersa per l’antisemitismo della dirigenza sovietica, nel 1980.
Il suo ultimo concerto era stato brutalmente interrotto da un funzionario del partito comunista sovietico. Alcuni membri dell’orchestra, compresa la prima violinista, erano stati inviati al gulag, dove erano scomparsi. Il direttore sogna di finire quel concerto. E per una vicenda rocambolesca riesce a riunire la sua orchestra per suonare al teatro Chatelet di Parigi: ma i musicisti sono segnati da quasi trent’anni di umiliazioni, hanno perduto ogni disciplina e non riescono neppure a provare una volta. Sicché nulla fa pensare che possa effettivamente riuscire a suonare Tchaikovsky. Ma la figlia della prima violinista, ignara della sorte toccata alla madre e a sua volta diventata violinista in occidente, si convince a partecipare. E quando entra in scena la sua musica, dopo le prime note stonate dell’orchestra brancaleonesca, avviene una magia artistica…
La commozione è contagiosa. L’ironia della narrazione serve a fare emergere un’esperienza profonda. E il commento del direttore, sussurrato tra parentesi prima del concerto, è tragicamente sereno e meravigliosamente anacronistico: “Siamo una squadra, ciascuno col suo strumento, a cercare l’armonia, per il tempo di un concerto: è questo il vero comunismo”.
Commenta