Sulla Technology Review dell’Mit un pezzo da brividi. A quanto pare, la lentezza e inefficacia con la quale i governi stanno prendendo atto della necessità di agire per limitare i danni del cambiamento climatico, fa passare un certo numero di scienziati prudenti dalla parte degli scienziati disposti a tutto. Compresa la geoingegneria. Cioè un insieme di trovate per bloccare il riscaldamento del clima che potrebbero avere effetti collaterali devastanti.
04/01/2010 17:05
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Brrrrr: geoingegneria per il clima
04/01/2010 17:05
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È da parecchio che si parla di queste cose. Guarda per esempio qui:
http://www.ted.com/index.php/talks/david_keith_s_surprising_ideas_on_climate_change.html
Mi chiedo se di fronte a una situazione del genere non convenga adeguarsi al cambiamento, piuttosto che affrontarlo di petto. Penso che, ad esempio, con l’ingegneria genetica si possano adattare le piante al clima e ai terreni. Senz’altro si dovrà mettere in palio una drastica riduzione della biodiversità, ma sinceramente non vedo alternative, visto che succederebbe lo stesso dopo aver letto delle idee proposte. Un cambio di stile di vita drastico per la popolazione mondiale, o almeno di quel 20% di persone che consuma l’80% delle risorse (erano così le proporzioni?) mi sembra improbabile e addirittura impossibile se affrontato e promosso da istituzioni politiche in via democratica. Nessuno accetterà di fare un passo del genere se non lo fanno anche gli altri, sia a livello internazionale che a livello personale.
Che si opti per la geoingnegneria o meno, in maniera completamente indipendente da questa scelta, se arriviamo a questi limiti, ci troveremo ai limiti, se non già nel mezzo, di una “guerra santa per il pianeta” che non escluderà nessuna nazione industrializzata dallo schierarsi in grandi coalizioni sulla scia delle visioni orwelliane.
L’unica maniera per evitare un simile scenario, che più ci penso e più mi sembra plausibile dopo la lettura dell’articolo linkato, è l’adeguamento secondo i già collaudati sistemi economici di liberismo. Perché sia in economia che in natura che in qualunque altro sistema che non possa essere controllato da un organo centrale, alla fine sarà chi saprà adeguarsi più in fretta ai cambiamenti che sopravviverà. La politica il massimo che può fare è indirizzare questo adeguamento su vie pacifiche.
E quando penso a questa soluzione penso al fatto che produrre energia elettrica nel deserto del Sahara per vie fotovoltaiche piuttosto che bruciando petrolio in Europa un giorno sarà più conveniente. E si farà, finché la mano invisibile di Smith non avrà spazzato via dal pianeta la benzina. (Diverso sarà per la plastica, suppongo).
Per altri versi la politica può sì agire, e le soluzioni sarebbero dietro l’angolo (pedaggi autostradali inversamente proporzionali al numero di persone in auto, messa al bando di prodotti che richiedono quantità di carburante fossile per la produzione superiore ad una certa soglia…), ma non lo fa per motivi ovvi: chi comanda è già abbastanza vecchio da potersene disinteressare, chi comanda ha in genere l’appoggio di gente che ha interessi divergenti, chi comanda ha troppo paura dell’opinione pubblica per osare di cambiare gli schemi e dura in carica per troppo poco tempo per non avere alternative che prendersi la responsabilità delle conseguenze delle sue omissioni.
Del resto, o il consumismo o il pianeta. Le due cose non sono compatibili.
Sapete come la penso sul global warming. Sulla geoingegneria si può dire che chi riuscirà a farla avrà un potere gigantesco, penso agli schermi in orbita, che comunquenel campo sono la soluzione più sensata visto che agiscono su una sola variabile, l’energia solare incidente, e non pasticciano con altre cose di cui non capiamo ancora bene il funzionamento.
Non credo poi all’alternativa secca: consumismo o pianeta. Ci sono tante di quelle risorse in giro, sulla terra, in orbita. Bisogna investire in ben altro che le sole tecnologie “verdi”. Prendete l’acqua potabile: non esiste altra soluzione che la dissalazione su scala industriale. Tutto il resto richiede infrastrutture tali e un controllo del territorio e della popolazione con cui non mi piacerebbe convivere. In Algeria metà delle forze armate è schierata a difesa degli impianti di estrazione e trasporto del gas: immaginate cosa succederebbe se si impiantassero mega centrali solari nel deserto e l’Europa finisse per dipenderne….