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Progetto per il discernimento. Carlo Ratti, architetto. Le cose che pensano (e parlano)

È banale affermare che Internet, negli ultimi vent’anni, abbia trasformato radicalmente ogni aspetto delle nostre vite. Dal modo in cui lavoriamo, a quello in cui comunichiamo, ci spostiamo e ci incontriamo. Oggi potremmo però essere agli esordi di una nuova rivoluzione: Internet sta penetrando lo spazio fisico – lo spazio delle nostre città, in primo luogo – e si sta trasformando nell’Internet of Things, l’Internet delle cose. Si tratta di un paradigma che ha origini quasi antiche, stando ai tempi, rapidissimi, dei cambiamenti informatici. Il termine, infatti, è stato coniato al MIT alla fine del secolo scorso, nel 1999 per l’esattezza, da Kevin Ashton la cui invenzione più celebre – le etichette RFID – avrebbe dovuto determinare una rete di oggetti senzienti, capaci di comunicare tra loro. Si tratta esattamente del principio fondamentale dell’IoT: gli oggetti possono raccogliere dati, o accedere ad archivi di dati aggregati e trasmetterli in tempo reale.

L’idea di Ashton non si realizzò immediatamente. La colpa era nella tecnologia: le etichette RFID non hanno trovato risposta in uno standard nelle infrastrutture di lettura. Il suo sogno si sta però avverando oggi, grazie alle reti cellulari e a tutti quei dispositivi elettronici che utilizziamo ogni giorno. A cambiare non è soltanto il sistema tecnologico, ma anche la finalità e le possibilità offerte da questa (ri)nascita dell’Internet delle Cose. Nella sua configurazione iniziale, l’IoT avrebbe messo in comunicazione macchine con altre macchine. Ma cosa mai avrebbero potuto dirsi un frigorifero e una lavatrice? Oggi, in realtà, gli oggetti connessi parlano in primo luogo a noi, e ci avvertono di cosa sta succedendo nel nostro mondo cyber-fisico – ci dicono ad esempio quando è pronto il pollo che sta cuocendo in forno, e allo stesso tempo rendono efficiente il termostato di casa. Grazie ai nostri dispositivi, insomma, siamo noi i nuovi attori in questo inedito spazio di dialogo, nel quale i bit si mescolano con gli atomi, e la rete ci mette in contatto con le cose del mondo.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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