Bene. La congiuntura economica sembra favorevole. Le riforme prioritarie, piacciano o no, sono avviate e in qualche caso realizzate. L’Expo è andato. Le startup aumentano. I finanziamenti un po’ crescono. La scuola ha annunciato le sue strategie. La cultura ribadisce la defiscalizzazione dei contributi. Le tasse forse scendono. La fiducia degli italiani aumenta. I motivi per dire che il governo sta facendo bella figura non mancano. Ci si potrebbe permettere di fare anche cose di fondo che non hanno tanto impatto mediatico ma servono molto al paese. Come l’effettivo lavoro che serve alla modernizzazione digitale del paese.
Finora questo lavoro sul digitale, che premia poco chi fa davvero le cose e premia molto – a sprazzi – chi le spara grosse, è rimasto nelle secche di un sistema di governance confuso, di una trattativa infinita con gli operatori, di una sorda contrapposizione tra stato e regioni o enti locali. A tre anni dalla “riadozione” anche in Italia dell’agenda digitale e tre governi dopo, le cose davvero fatte sono poche. La banda è quella che è. L’anagrafe è quella che è sempre stata. L’identità digitale, l’interfaccia con la pubblica amministrazione, l’aumento dell’impegno nella ricerca e nel miglioramento della relazione tra ricerca e impresa sono ancora bei progetti. La fatturazione elettronica con la pubblica amministrazione è fatta, più o meno. Il governo centrale sembra a tratti un imbuto. Le agenzie coinvolte non sembrano poter agire in autonomia e non appaiono sempre convinte dei progetti annunciati. Le regioni investono sul loro territorio senza tener sempre conto dei progetti centrali.
Non è che la digitalizzazione sia una piccola cosa. Tutti lo dicono. Accelera la crescita. Consente risparmi. Migliora la qualità dei servizi. Se è fatta bene, mette a rischio vecchie commesse e vecchie clientele. Se è fatta bene è una grande spending review e una enorme semplificazione. Se è fatta male complica la vita di tutti, produce sprechi e peggiora la sicurezza dei dati. Ci vuole un’idea forte, una squadra integerrima, molta pazienza, tanto lavoro e poco “annuncismo”.
C’è la sensazione che si stiano preparando nuovi annunci. E dunque è anche il momento di farli con uno stile nuovo: fatto di grande concretezza.
Per ammettere che finora non è andata come doveva. E per dare una svolta pratica e strategica.
Proposte strategiche per accelerare che restano inevase (solo tre tra le molte interessanti):
1. L’interfaccia tra cittadini e stato che su una pagina di profilo offre tutti i servizi pubblici mentre le amministrazioni si coordinano tra loro senza far perdere tempo alla gente (tra le proposte Barberis)
2. La distribuzione di obiettivi nazionali tra le agenzie regionali messe in gara per realizzare soluzioni comuni, riutilizzabili dalle altre regioni (decentramento dell’efficienza senza doppioni)
3. La predisposizione di servizi premium per le imprese disposte a pagare per una burocrazia veloce, dedicata e certa (proposta Novari)
E così via.
Si tratta di cose che vanno discusse e studiate ma che potrebbero generare in pochi anni molti vantaggi per i cittadini e le imprese. Non hanno il pregio di essere intestate a uno o all’altro politico, sicché sembrano restare indietro nell’agenda. E forse i loro frutti arrivano tanto lentamente che saranno raccolti da qualche governo futuro. Ci vuole un po’ di generosità politica per fare cose come queste. E anche quella da sola non basta. Ci vuole impegno. E una nuova operatività.
La proposta operativa che ha avuto soltanto una prima applicazione al Miur e che potrebbe scardinare le secche del sistema delle gare d’appalto resta quella del forward looking procurement: non pago un prodotto al minor prezzo ma fisso un investimento orientato a rendere possibile il raggiungimento dell’obiettivo attraverso un’innovazione effettivamente realizzata in un certo lasso di tempo.
Le questioni dell’agenda digitale non riguardano il potere o la notorietà dei capi politici. E le proposte riportate sopra sono cose di buon senso – non necessariamente tutte giuste – che attengono a una sana intrepretazione delle esigenze dei cittadini e delle imprese
Di certo c’è solo che le dinamiche frenanti che hanno prevalso finora in barba agli annunci altosonanti stanno mantenuto in vita un sistema nel quale la mancanza di banda e di semplicità burocratica – tra le altre cose – stanno facendo fare più fatica del dovuto all’Italia protesa a recuperare efficienza industriale e commerciale. Se l’economia va bene e se il governo sente di stare facendo bella figura è il momento per darsi una mossa. E avviare sul serio un lavoro che serve agli italiani.
(Magari succede come all’IIT: che dopo anni di lavoro fatto seriamente e senza troppo clamore sta effettivamente ottenendo consenso, ascolto, rispetto da tutti con i suoi risultati. Più o meno è questa cosa qui..:).
[…] L’agenda digitale italiana è ferma. Tante strombazzate ma nessun fatto concreto. Il governo centrale ancora non è ben connesso con gli enti locali ed entrambi si interfacciano male con i cittadini. Le cose per rendere migliore il Paese sono poche ma c’è urgenza e necessità di efficienza. Ne parla Luca De Biase in un suo recente post. […]