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Domani un po’ di chiarezza sulla net neutrality europea. Intanto un po’ di immaginazione

Antonello Giacomelli ci farà sapere domani qual è la sua posizione sulla net neutrality e il resto in discussione in Europa. Finora, a quanto pare, aveva sacrificato le sue idee alla necessità di arrivare a una soluzione di compromesso. Ma fallito il tentativo di compromesso può finalmente uscire con contenuti suoi. Quali sono, lo si è un po’ capito all’Igf:
1. E’ d’accordo con il principio della net neutrality, ha detto che gli piace quello che pensano Obama e Rodotà
2. Coerentemente, pensa anche che la net neutrality sia garantita da una norma, non dalla mancanza di norme: perché lasciando fare alle compagnie, queste tenderanno a eliminare la net neutrality.

Intanto, il percorso normativo europeo si incaglia. Il parlamento, sempre domani, sarà ancora più chiaro a favore della net neutrality, si pensa. Il consiglio rimanderà e dovrà tentare di mettersi d’accordo con il parlamento. Tempo perso che – nell’ottica di Giacomelli – favorisce le compagnie.

Il labirinto di specchi farebbe pensare che ogni motivo che impedisca di normare a favore della net neutrality equivalga a una norma contro la net neutrality. Non è un pensiero insensato. Ma bisogna ammettere anche che un compromesso che portasse all’abolizione della net neutrality – come quello tentato in questi giorni – non sarebbe migliore. Come se ne esce?

Il parlamento sembra voler parlare forte e chiaro. La libertà di innovare e di esprimersi ha bisogno di net neutrality. E in fondo internet non sarebbe internet senza net neutrality. Ma le compagnie dicono che devono prioritizzare per sviluppare nuovi servizi innovativi più redditizi in grado di finanziare l’aumento della banda. Il muro contro muro è soltanto nella mancanza di immaginazione. L’innovazione vera è quella che viene adottata dal contesto. Una rete senza net neutrality è come una rete telefonica, come una tv via cavo, non è internet. E allora?

Ma perché non raccogliamo proposte vere che non puntino al minimo ma al massimo?

Un’idea potrebbe essere questa. Se le compagnie sono convinte di avere un mercato per servizi a pagamento a banda “garantita” nessuno può impedire loro di fare una rete apposta per realizzarli: il business plan dovrebbe essere convincente e motivare gli investimenti necessari. Essendo servizi innovativi avrebbero anche meno regolamentazioni. Perché non tentare? Purché sia chiaro che questo non avrebbe nulla a che fare con internet, a parte alcune tecnologie in comune per l’efficienza della rete. Internet continuerebbe a crescere liberamente come prima e la domanda organica di banda larga, magari aiutata da politiche ispirate a concetti come “servizio universale”, “agenda digitale”, modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, scuola e innovazione nell’educazione, ecosistemi delle startup e così via.

Tra l’altro, nessuno mi pare, ha scritto che se si mischiano i due concetti (servizi a banda “garantita” da una parte e, dall’altra, internet aperta, standard, libera e neutrale) si ottengono bizzarri fenomeni come il seguente: supponiamo che le telco possano fare servizi prioritizzati per i content provider che pagano per raggiungere gli abbonati delle telco; allora a pagare dovrebbe essere anche la pubblica amministrazione, lo stato, l’ospedale, la scuola… Sbaglio? C’è qualche motivo per cui questo non dovrebbe avvenire?

Vedi anche:
Altroconsumo e net neutrality

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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