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Joi Ito e i trend da tenere d’occhio

Joi Ito suggerisce di tener d’occhio quattro grandi trend:

1. Si abbassa il costo e il rischio di produrre hardware, grazie ai miglioramenti nella filiera della subfornitura, tanto che le startup che se ne occupano cominciano a essere interessanti come quelle che si concentrano sul software
2. Aumenta la precisione nella fabbricazione di geni e quindi aumenterà molto la capacità di progettare e produrre strumenti biologici innovativi
3. L’educazione sta cambiando radicalmente, con nuove forme di apprendimento basate sullo scambio tra pari, senza limiti di tempo e di durata nel corso della vita, con grandi opportunità per gli autodidatti.
4. Non basta essere interdisciplinari, occorre essere anti-disciplinari, alzare grandi antenne per captare ciò che avviene, cogliere le opportunità esistenti per costruire, con approccio leggero e agilissimo.

Vedi anche:
Luciano Floridi, Antonio Spadaro e altri riassunti da Antonio Sgobba

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  • io direi “l’istruzione sta cambiando radicalmente” al posto di “l’educazione sta cambiando radicalmente” perchè penso che tu intenda “education” cioè istruzione e non buone maniere 🙂

    • Quando si entra nelle specifiche discipline, ‘educazione’ non significa solo ‘buone maniere’ (anche se qui il discorso è generale) e con l’educazione si trasmettono anche comportamenti intellettuali. Ci sono ragioni storiche che ci hanno fatto atterrare nel 2012 con Istruzione, Educazione, Formazione, e con diatribe infinite su cosa sia l’una e cosa l’altra, segno anche questo, forse, della difficoltà a inquadrare ‘per sempre’ i concetti.
      Si pensi a ‘educazione fisica’, ‘educazione linguistica’, ‘educazione musicale’ (O.T. non dev’essere stato un caso che quella linguistica e quella musicale siano state a lungo appannaggio di licei privati in Italia mentre alla scuola pubblica si riceveva istruzione dura e pura). Oggi incontriamo anche ‘educazione scientifica’, ‘educazione matematica’, ‘educazione sanitaria’. Dietro le parole ci sono idee e anche ideologie. Se posso dare un aiuto, ecco un paio di link per confondersele ancora un po’ le idee, che mi sembra cosa buona, prima di chiarirsele.. 🙂

      http://www.treccani.it/enciclopedia/educazione/

      http://www.edscuola.it/archivio/didattica/sisedu.html

      La mia non è una difesa a priori della scelta operata in questo post, che può essere frutto di una svista come no, voglio solo problematizzare: 1) le lingue non sono morte, immobili per sempre; 2) i fatti linguistici possono anche valutarsi secondo una prospettiva evolutiva (diacronìa) ; 3) il punto n.1 non giustificherebbe chi scrive (soprattutto su blog e giornali che si consumano sì con rapidità, ma foderano anche il nostro cervello quotidianamente e non sempre in modo strumentalmente utile) se non si assumesse anche la responsabilità delle proprie scelte; 4) Il linguaggio non è solo uno strumento di comunicazione.
      A me sembra utile riflettere, e fare scelte difendibili

      Se avessi visto scritto “The Italian Minister of Education”, fino al 2008, il “Ministro della Pubblica Istruzione” sarebbe stata una resa molto azzeccata, secondo me

      ***
      « Se un leone potesse parlare, non lo capiremmo comunque. »

  • Mi associo all’osservazione sulla traduzione di “education”. L’educazione speriamo non cambi troppo!

Luca De Biase

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