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Un futuro con meno Google e Facebook

Un pezzo di Eric Jackson su Forbes fa venire in mente il vecchio motto di Bill Gates: «Nessun leader di una fase dell’informatica è leader anche nella successiva». Jackson parla di un futuro senza Google e Facebook. «Non nel senso che falliscano. Nel senso che MySpace ha esemplificato». Semplicemente non saranno più sulla cresta dell’onda. Saranno “vecchie”. È possibile? Appaiono talmente giganti e protagoniste, oggi, che non si riesce a pensare che possano non essere più al centro dell’attenzione. Eppure, l’Ibm, che pure è restata grossa, non fa più parlare molto di sé. E la Microsoft, che pure è restata grossa, non riesce a uscire dall’ombra, nonostante il Kindle e il sistema operativo che ha installato nei nuovi Nokia. In un certo senso, anche Google e Facebook, dice Jackson, rischiano di essere meno rilevanti.

La situazione attuale ci fa pensare che sia incredibile. L’esperienza ci dice che più che possibile. Ma quale può essere il movimento che spiazza Google e Facebook e le fa uscire dai riflettori?

Microsoft è uscita dal centro non avendo potuto cavalcare davvero l’internet. Yahoo! è stata spiazzata con tutta l’epoca dei portali dal motore di Google. Google non ha preso davvero sul serio la questione dei social media. E ora? L’onda attuale, è chiaro come il sole dice Jackson, è la tecnologia mobile. Instagram non è che un esempio estremo di timore facebookiano nei confronti del mobile. Il social network non ha ancora un’idea precisa di che cosa fare sulla rete mobile. E comunque va a finire che sarà spiazzato, dice Jackson.

A pensarci bene, è possibile. Ma probabilmente non è l’unica dinamica che si può formare. I difetti delle piattaforme attuali, banalmente personalizzanti e orientate alla filter bubble, troppo concentrate sulla pubblicità, troppo incerte sulla qualità del risultato informativo, troppo lontane dalla buona gestione dei beni comuni della conoscenza, aprono opportunità enormi per chi saprà rispondere alle esigenze emergenti.

In ogni caso, un fatto è certo: i grandissimi giganti della tecnologia digitale di rete hanno la possibilità di crescere velocissimamente e conquistare sul campo una forma di “monopolio” nella loro categoria (proprio per le dinamiche intrinseche all’effetto-rete che favorisce le tecnologie più usate). Ma le categorie possono cambiare. Quando accade, qualcuno dichiara che c’è un cambio di paradigma: ma nel digitale, il paradigma è proprio quello del cambiamento.

Per questo, imparare a vedere le cose in prospettiva è un valore tanto importante.

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  • Concordo con l’affermazione di Gates, nei mercati altamente innovativi è difficile anticipare il futuro a lungo.
    E prima o poi qualcuno ti passa avanti. Ma non è scontato che si rimanga nell’ombra: la Apple che esce dall’oblio con la furia di Hulk sale in cattedra e schiaccia tutti dimostra che c’è ancora spazio perché una delle vecchie glorie possa risalire in vetta. Non per tutte certo e sicuramente vedremo nuove aziende farsi avanti.

  • […] Google, come del resto Amazon e Apple, tenta di trasformarsi sempre più esplicitamente in una piattaforma. E Facebook, si può star certi, farà altrettanto. La forza di Facebook come piattaforma poggia su una tecnologia relativamente banale e sull’enorme e non banale valore generato dalle attività degli utenti: la piattaforma di Facebook è il grafo sociale. Google, come vediamo dalle notizie di oggi, è una piattaforma che poggia sul grafo della conoscenza. Sarà più solido il primo o il secondo per fondare un sistema capace di durare nel tempo? E man mano che queste piattaforme, come spesso succede, tenteranno di mantenere le persone per un tempo sempre più lungo al loro interno, non nasceranno delle alternative? Facebook e Google fanno pubbliche relazioni basate sulla loro missione eticamente corretta, anche perché devono convincere le persone a fidarsi di loro: ma le critiche e le paure che questi giganti suscitano sono importanti. Potremmo cominciare a immaginare un mondo con meno Google e Facebook? […]

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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