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Airbnb. Le persone si scambiano le case: fiducia reciproca o piattaforma commerciale

Il commento di Simone Cicero al post di ieri impone una riflessione. E la sua intervista a Michel Bauwens, fondatore della P2P Foundation va letta.

Ieri, appunto, si è parlato della piattaforma Airbnb con la quale le persone affittano la casa per brevi periodi di tempo. E si è dato conto della crisi di immagine della Airbnb dovuta alla sua pessima reazione a una vicenda molto spiacevole capitata a una cliente: aveva affittato la casa per un breve periodo e al ritorno l’ha trovata devastata e derubata. Ne ha parlato sul suo blog e per la Airbnb sono cominciati i dolori. L’unico modo per riconquistare fiducia, per Airbnb, è investire duramente nella qualità del servizio e garantire una risposta completa e pienamente soddisfacente alla persona danneggiata. Questo può essere costoso. Ma poiché la Airbnb ha di fronte l’allettante prospettiva di andare in borsa a una capitalizzazione stimata di 1,3 miliardi, gli azionisti dovrebbero essere d’accordo.

Il commento di Simone Cicero, però, apre tutta un’altra prospettiva. Andando a concentrare l’attenzione sulle strutture P2P, con grandissima profondità, suggerisce che un servizio di scambio di case, anche se coinvolge un pagamento, potrebbe essere realizzato da una comunità di pari. Questi si potrebbero benissimo organizzare, anche grazie agli strumenti della rete, in modo da realizzare una rete P2P di scambi di case che non coinvolga una struttura centrale orientata – per statuto – a estrarre il massimo valore aggiunto dalle loro attività. Avrebbero un migliore servizio e un maggiore vantaggio. (Si deduce tutto questo dai principi generali espressi nell’intervista, mi pare).

Il problema è dove si pone la responsabilità, cioè l’altra faccia della medaglia della fiducia.

Se si affida tutto il servizio a una piattaforma commerciale ci si aspetta che questa guadagni, anche molto. Ma si deve pretendere che questa sia responsabile di ciò che offre. In questo caso, la piattaforma commerciale non può pretendere di ottenere tutto il vantaggio che si trova nella tecnologia internettiana che disintermedia sistemi commerciali meno efficienti, ma in modo da non garantire nulla ai clienti: tipo conoscere le persone cui vengono affittate le case e valutare se sono affidabili o socialmente pericolose. In fondo, questo lavoro viene fatto – almeno un po’ – dalle piattaforme che fanno incontrare persone che non si conoscono per sviluppare nuove relazioni sentimentali. Perché non dovrebbe essere fatto per affittare le case private? Anche se legalmente la piattaforma si può parare da ogni ricorso dei clienti specificando di non assumersi responsabilità sul comportamento degli affittuari, nella sostanza chi affitta si deve poter fidare della piattaforma. E le attribuisce una responsabilità sostanziale. Alla fine, tutto questo potrebbe fare aumentare i costi e i prezzi. Sarebbe ugualmente sostenibile? (Salvatore Larosa, sempre nei commenti al post di ieri, faceva notare che i modelli di business di questo genere di servizi conducono a voler detenere il più possibile il potere dell’informazione, il che conduce a risparmiare su alcuni elementi di qualità essenziali).

Se si organizza tutto con le logiche del P2P il vantaggio monetario resta tutto tra gli utenti e non viene diviso con la piattaforma, con gli azionisti e con la struttura di management. Dal punto di vista tecnologico, una logica P2P è perfettamente realizzabile, come una piattaforma centralizzata. Perché non si passa dunque a questa soluzione? Ci si passa, in realtà, molto spesso. Ma non per tutte le idee di servizio: le piattaforme commerciali, spinte dall’incentivo di guadagnare, possono essere più veloci e fantasiose. È il motivo centrale dell’imprenditorialità. Esiste certo anche un’imprenditorialità sociale, ma forse in certi settori è meno proattiva. Ma sta di fatto che l’imprenditorialità sociale può realizzare gli stessi servizi di quella commerciale e ci riesce molto spesso. In quel caso, però, la responsabilità è di chi usa il servizio e la fiducia si ripone in chi usa il servizio. Dunque, la cultura che accomuna gli utenti del servizio, le maniere con le quali queste persone si conoscono e imparano a fidarsi, le pratiche che garantiscono a chi offre e domanda un servizio si imparano strada facendo, anche per prova ed errore. Sta al design del servizio prevedere le principali difficoltà. Ma sta alle persone comprendere la loro responsabilità. (È un po’ quello che si diceva sulla responsabilità di ciascuno nei confronti di ciò che tutti leggono su Twitter). In ogni caso ci vuole un po’ di tempo per sviluppare queste dinamiche.

L’intelligenza collettiva è un insieme di connessioni tra persone e macchine e funziona in base a regole. La responsabilità, il rischio e la fiducia, non sono questioni che si risolvono con le macchine ma con le regole sulle quali c’è consenso anche se non sono legalmente codificate, si risolve con la consapevolezza delle regole. Ebbene: il codice con il quale funzionano le macchine può contenere il codice delle regole e aiutare le persone a seguirlo: e questa è una sfida innovativa molto affascinante per il design dei servizi online. Chi se ne prenderà carico?

La competizione tra servizi commerciali e servizi comunitari avverrà sulla velocità di innovazione e sulla sostenibilità dei modelli. Forse i primi sono più adatti alla velocità e i secondi alla sostenibilità. Forse i primi rischiano di essere incentivati a sfruttare troppo la situazione e i secondi rischiano di essere troppo lenti nella produzione della necessaria cultura comune. Ci si può aspettare che la sostenibilità e il lungo termine siano la prospettiva giusta per le soluzioni comunitarie, ma il pullulare di veloci iniziative commerciali non cesserà di certo. Dunque ci si può aspettare che il senso di responsabilità sociale possa permeare anche le migliori soluzioni commerciali e che il senso di imprenditorialità un po’ veloce possa conquistare anche il design dei servizi socialmente utili. Un equilibrio di modelli, probabilmente, è meglio di un pensiero unico. Ma il confronto è aperto.

update: commenti utili su google+… Airbnb risarcisce con 30k dollari. Inoltre, si fa una interessantissima chiosa: la reputazione è P2P per definizione e questo si sovrappone in ogni caso a qualunque modello sociale o commerciale…

Ps. Ricordo l’intervista da leggere. Ecco come finisce:

«I don’t really think in terms of technological breakthroughs, because the essential one, globally networked collective intelligence enabled by the internetworks, is already behind us; that is the major change, all other technological breakthroughs will be informed by this new social reality of the horizontalisation of our civilisation. The important thing now is to defend and extend our communication and organisation rights, against a concerted attempt to turn back the clock. While the latter is really an impossibility, this does not mean that the attempts by governments and large corporations cannot create great harm and difficulties. We need p2p technology to enable the global solution finding and implementation of the systemic crises we are facing. Stopping this, in fact endangers the future of the earth and humanity. We are living in a bio-pathic system, which literally destroys the basis o
f human and natural life; and p2p is needed to ensure the transition to a biophilic civilisation, which ensures the continuity of our natural habitat and its gifts to humanity. Technology is just a tool, though a very important one, for transformation, but we should avoid any technological determinism as well as misguided utopianism depending on the next big magical breakthrough of technology.»

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  • Ciao Luca,
    onorato di aver stimolato questa riflessione e per la citazione 😉
    Mi piacerebbe farmi due chiacchiere con te live un giorno, magari connettiamo e vediamo di incontrarci prima o poi!
    Un saluto

  • Sono iscritta ad Airbnb da tempo, ma ieri ho ricevuto questa mail e ho scoperto un po’ di cose che non mi piacciono troppo. Diciamo che fino ad ora hanno “overlooked” alcuni aspetti basici come la sicurezza?
    Hi Serena,
    Last month, the home of a San Francisco host named EJ was tragically vandalized by a guest. The damage was so bad that her life was turned upside down. When we learned of this our hearts sank. We felt paralyzed, and over the last four weeks, we have really screwed things up. Earlier this week, I wrote a blog post trying to explain the situation, but it didn’t reflect my true feelings. So here we go.
    There have been a lot of questions swirling around, and I would like to apologize and set the record straight in my own words. In the last few days we have had a crash course in crisis management. I hope this can be a valuable lesson to other businesses about what not to do in a time of crisis, and why you should always uphold your values and trust your instincts.
    With regards to EJ, we let her down, and for that we are very sorry. We should have responded faster, communicated more sensitively, and taken more decisive action to make sure she felt safe and secure. But we weren’t prepared for the crisis and we dropped the ball. Now we’re dealing with the consequences. In working with the San Francisco Police Department, we are happy to say a suspect is now in custody. Even so, we realize that we have disappointed the community. To EJ, and all the other hosts who have had bad experiences, we know you deserve better from us.
    We want to make it right. On August 15th, we will be implementing a $50,000 Airbnb Guarantee, protecting the property of hosts from damage by Airbnb guests who book reservations through our website. We will extend this program to EJ and any other hosts who may have reported such property damage while renting on Airbnb in the past.
    We’ve built this company by listening to our community. Guided by your feedback, we have iterated to become safer and more secure. Our job’s not done yet; we’re still evolving. In the wake of these recent events, we’ve heard an uproar from people, both inside and outside our community. Know that we were closely listening.
    [segue un elenco delle nuove features “per la sicurezza”…lodevole sforzo, anche se un po’ tardivo..bastera’?]

  • Carissimo, ti ho linkato su Linkedin e Twitter – alla prossima occasione (potrebbe essere il TEDXTransmedia a Roma il 30 settembre?) mi piacerebbe scambiare due parole!

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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