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Il dilemma di Google / 2

Non si esce facilmente dal dilemma di Google. Restituire prima i link che più interessano al business immediato di Google – promuovendo per esempio i suoi servizi di ricerca verticali – oppure restituire i link in modo indipendente dai suoi stessi interessi, secondo un algoritmo neutrale di rilevanza delle informazioni?

E’ chiaro che gli utenti vorrebbero la seconda. Ma non è facilissimo capire come, se Google fa altre attività oltre a quella del motore:
1. Se Google fa qualcosa sarà molto linkato e dunque salirà nel ranking del suo algorimo anche senza “trucchi”
2. Google non ha particolari obblighi legali alla neutralità del suo motore. Rischia però se abusa del suo potere dominante per entrare in un nuovo mercato (per esempio, la ricerca verticale di un settore particolare) di essere condannata dall’Antitrust. L’Europa è intervenuta. Ma che cosa deciderà? La obbligherà a non linkare i suoi stessi siti?
3. Google non ha obblighi alla neutralità del suo motore, anche se gli utenti se la sono sempre aspettata. E rischia di perdere credibilità con gli utenti se ci sono valide
alternative. Nel breve termine guadagna, nel lungo termine perde. Se
vuole soddisfare i mercati finanziari a breve prende una strada. Se
vuole soddisfare gli utenti nel lungo termine prende l’altra strada.

Ci sono servizi che assumono un carattere di interesse pubblico all’indipendenza. Dovrebbero essere regolati di conseguenza?

I giornali potrebbero essere interpretati allo stesso modo, per la verità. Dovrebbero anche loro essere regolati in modo che qualcuno li obblighi all’indipendenza?

Non è facile uscirne. Quello che sappiamo è che vorremmo un motore di ricerca indipendente, con regole trasparenti, che migliora costantemente, che non ammazza la concorrenza e che non trae in inganno gli utenti. Così come vorremmo giornali indipendenti, rispettosi della realtà e dell’interesse dei lettori a sapere come stanno le cose.

Ma è difficile che ci siano regole capaci di garantire queste cose. Quello che può esserci è una buona concorrenza. E un pubblico capace di distinguere. Ne consegue che la perfezione non esiste: ma esistono dinamiche che possono perfezionare quello che c’è e correggere le dinamiche che peggiorano la situazione. E quelle dinamiche possono anche essere legali (antitrust), economiche (concorrenza), ma devono essere anche culturali: per gli utenti la ricerca di consapevolezza, l’educazione, l’informazione sono valori decisivi.

Belli gli interventi in proposito di Danny Sullivan. Ecco il pezzo del Wall Street Journal che aveva originato questa ripresa della discussione. E il post di ieri.

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  • usciamo dalla retorica, please!
    che google si stesse attrezzando per monopolizzare il mondo lo si percepiva già 7-8 anni fa.
    tutti però impazzivano per lui e per i suoi magnifici gadget-widget-funzionalità sempre gratuite.
    oggi ha fregato tutti quanti, editori in primis. ma anche gli utenti che sono costretti a non avere alternative (bing? ah ah ah ah) e vengono schedati dal grande fratello google.
    un insegnamento per il futuro a non seguire onde pericolose.
    con ipad ci stiamo andando vicini….

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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