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iPad, oltre il rumore

Underwhelming, dice Larry Magid. L’iPad non ha colpito l’immaginazione più di quanto l’immaginazione di tanti osservatori avesse già compreso prima dell’annuncio. E, in questo contesto di marketing esasperato, come nella finanza più speculativa, non superare le aspettative significa deludere. (Una summa di delusioni, su Rww) Ma questi fuochi d’artificio non sono il modo migliore per capire quello che succede.

Bisogna anche ammettere che, guardando almeno il video della presentazione dell’iPad, Steve Jobs non era al massimo della forma. E che l’unico annuncio davvero pratico e immediato è stato quello relativo al rilascio del kit per lo sviluppo di applicazioni: il vero scopo dell’evento era indurre gli sviluppatori a scrivere software e contenuti per essere pronti quando l’iPad sarà in vendita, tra un paio di mesi.

Tecnologicamente, l’iPad è un’evoluzione di idee già viste, con un tocco (questo sì magico) di design straordinario. E rispetto a ogni altro tablet è focalizzato su un valore d’uso ben preciso: leggere, accedere al web, accedere a contenuti. E adattandosi al mezzo, fare la mail, fare i conti, fare presentazioni, scrivere. Non è il massimo della portabilità e non è il massimo per produrre: a quelle attività servono meglio l’iPhone e il Mac. L’iPad doveva diventare il massimo in qualcosa di intermedio. Che probabilmente è la fruizione comoda dei contenuti digitali, a un prezzo molto contenuto se ci si accontenta (come è probabile per adesso) della versione che privilegia la connessione wifi. 
Quello che manca all’iPad e ha fatto arrabbiare molti tecnici è quello che non è essenziale per quel valore d’uso. A parte la mancanza del Flash che, a quanto pare, serve a garantire che i contenuti video sull’iPad saranno quelli che in qualche modo sono adatti alle strategie di Apple.
Perché l’iPad è soprattutto il terminale – divertente, comodo, efficace – del sistema di vendita di contenuti e software intermediato e organizzato da Apple: un’estensione della logica già sperimentata con l’iPod e l’iPhone. Il mercato è meno maturo di quanto non fosse all’epoca del lancio dell’iPod e saranno molto rilevanti i prossimi annunci sugli accordi tra Apple e produttori di contenuti, perché faranno la differenza e creeranno il “momentum” che assisterà l’iPad nelle prime fasi di impatto sul mercato.
Per gli altri il tema è semplicemente: scommettiamo che si venderanno molti iPad o no? Se sì, gli editori faranno bene a sbrigarsi e a mettere in campo i loro prodotti per questa piattaforma, visto che offre un’opportunità in più per migliorare le vendite. Se no, sarà stato tutto una bolla.
Per gli autori però tutto questo è molto rilevante. Dovesse prendere piede, l’Pad consentirà di vendere libri realizzati in ePub e non necessariamente assistiti da grandi case editrici. E offrirà nuove opportunità ai piccoli produttori di software con una buona idea al servizio dell’industria editoriale. 
L’iperventilazione che è stata necessaria al lancio dell’iPad non deve fuorviare: si tratta di un momento importante per il business dell’informazione. Un momento che si può cogliere, o lasciar passare via. Meglio coglierlo.
Update: nel frattempo Amazon – giustamente ammirata da Jobs per il suo lavoro pionieristico in questo settore – subisce la concorrenza di Apple e cede sulla questione del prezzo dei libri per Kindle… Si prepara all’arrivo di iBooks.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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