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La mediaforfosi del Censis

A prima vista può sorprendere la metamorfosi dei media registrata dal Censis. Alla fine del primo decennio del nuovo millennio, per esempio, si vendono più giornali di quanti se ne vendessero all’inizio. E i nuovi media non hanno penalizzato quelli vecchi. In una prospettiva di dieci anni, la catastrofe di cui si parla in questi giorni non è poi così enorme.

L’evoluzione dei consumi mediatici. In crescita la diffusione di
tutti i mezzi di comunicazione tra il 2001 e il 2009. Aumentano gli
utenti di Internet (+26,9%) e dei telefoni cellulari (+12,2%), ma anche
la radio – che ormai si può ascoltare anche dal lettore mp3, dal
telefonino e dal web – fa un grande balzo in avanti (+12,4%), così come
crescono, anche se di poco, i lettori di libri (+2,5%) e di giornali
(+3,6%), e la stessa televisione raggiunge praticamente la quasi
totalità degli italiani (+2%). Gli utenti della Tv arrivano a quota
97,8% della popolazione, il cellulare sale all’85%, la radio all’81,2%
(in particolare, l’ascolto della radio dal lettore mp3 è tipico del
46,7% dei giovani tra 14 e 29 anni), i giornali al 64,2%, i libri al
56,5%, Internet al 47%. La diffusione dei nuovi media non ha
penalizzato quelli già esistenti: nella società digitale i nuovi mezzi
di comunicazione non sostituiscono i vecchi, anzi, affiancandosi ad
essi, creano nuovi stimoli al loro impiego secondo la logica della
moltiplicazione e integrazione.”

In realtà, la crisi è degli ultimi due anni. Con i 19 milioni di persone sui social network e il crollo di alcuni media tradizionali.

Si rinuncia alla carta stampata. Negli ultimi due anni la
lettura dei quotidiani a pagamento passa dal 67% al 54,8%, invertendo
la tendenza leggermente positiva che si era registrata negli anni
immediatamente precedenti al 2007. Questo è il dato dell’utenza
complessiva, cioè chi legge un quotidiano almeno una volta la
settimana. L’utenza abituale, cioè chi lo legge almeno tre volte la
settimana, passa dal 51,1% del 2007 al 34,5% del 2009. Se prima della
crisi la metà degli italiani aveva un contatto stabile con i
quotidiani, adesso questa porzione si è ridotta a un terzo. Se si pensa
che in questa quota sono compresi anche i quotidiani sportivi, si può
capire quanto la crisi abbia reso ancora più marginale il ruolo della
carta stampata nel processo di formazione dell’opinione pubblica nel
nostro Paese. La flessione non è neanche compensata dall’aumento della
diffusione della free press, che rimane pressoché stabile (l’utenza
passa dal 34,7% al 35,7%). La lettura, anche occasionale, dei
settimanali coinvolge nel 2009 il 26,1% degli italiani (-14,2% rispetto
al 2007) e quella dei mensili il 18,6% (-8,1%). In leggera flessione
anche la lettura dei libri, che era cresciuta per tutto il decennio,
raggiungendo il 59,4% della popolazione nel 2007, per ripiegare poi al
56,5% nel 2009.”

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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