Da molto tempo, grazie a Jeff Jarvis e altri, sentiamo parlare del il web come di una “link economy”, in opposizione concettuale all’idea di un’economia mediatica basata sui contenuti o tanto meno sui contenitori. (alcune tra le molte referenze possibili: Jarvis1, Jarvis2, Jarvis3, Ahearn, Salmon, DeRosa).
E David Weinberger insegna a leggere il sistema dei link come una vera e propria struttura cognitiva capace di aggiungere valore alla cultura contemporanea. Con la conseguenza che la nozione di qualità dell’informazione cambia, mettendo in crisi le autorità tradizionali e rendendo necessario alle persone un salto di consapevolezza riguardo al processo con il quale ritengono vere le affermazioni: non basta più la pubblicazione perché lo siano. (Vedi il contributo di David su Ahref).
Ora il problema è che i link sono considerati contemporaneamente un elemento dell’informazione (per la citazione delle fonti o per il rimando agli approfondimenti, per esempio) e un elemento del governo del traffico in rete: un link porta traffico o fa perdere traffico. Il che significa che là dove deve prevalere l’informazione si linka, mentre dove prevale la lotta per il traffico si spera di essere linkati ma non si linka mai… La questione è evidentemente tale da generare forti contraddizioni nell’ecosistema della rete. Qualcuno pensa che si risolva per via etica. Sarebbe interessante anche dimostrare che si possa risolvere in base a un ragionamento di convenienza. Di certo, la convenienza pubblica è chiara, mentre la convenienza privata lo è meno. I forti sanno che saranno linkati anche se non linkano. I deboli linkano nella speranza di essere linkati. Per ora si vede il problema: la soluzione è ancora lontana.
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