Autorevole fonte che se vorrà – commentando il post potrà palesarsi – diceva che Venezia è perfettamente cablata ma i cittadini non hanno una connessione decente. Perché la cablatura è stata fatta dall’autorità pubblica e non può fornire accesso ai cittadini se non attraverso il wifi pubblico. Le compagnie private non usano la rete pubblica. E la gente mette il computer vicino alla finestra per poter prendere il wifi pubblico anche da casa.
La matassa delle reti veloci in Italia è fantasticamente ingarbugliata. La Telecom investe commisurando lo sforzo alla domanda che si attende di poter servire, il che è comprensibile. Ma il paese ha bisogno di spingere sull’offerta. Nell’infrastruttura l’offerta crea la domanda, molto spesso. Ma questo implica volontà politica. La Corea insegna. L’Europa lo suggerisce e in parte almeno è disposta a finanziare. L’Italia per ora nella confusione non sta attenta.
Un passaggio strategico è ora forse possibile. Tra le mille deviazioni strategiche della Telecom Italia, dovute alla ormai dichiaratamente sfortunata vicenda proprietaria, spesso ritorna il tema della separazione della rete. Più spesso rifiutata e qualche volta accettata, l’ipotesi di separare la rete dal servizio non cessa di essere riproposta. Come potrebbe funzionare? Ecco un’ipotesi.
La Telecom separa la rete, la cede a una nuova società nella quale entra la Cassa Depositi e Prestiti, insieme forse alle altre compagnie private e magari a quelle che gestiscono le reti pubbliche locali. La valorizzazione dell’apporto di Telecom è relativa alla stima del valore della rete meno l’ammontare di debiti che la nuova società si potrebbe accollare, calcolandolo in base a un piano che tenga conto da un lato del canone e dall’altro degli interessi, dei costi di gestione e manutenzione, degli investimenti da sostenere. In questo modo la Telecom come tutti gli operatori dovrebbe competere sul servizio, contando su un enorme insieme di clienti e liberandosi dal peso di una parte dei debiti. I concorrenti si troverebbero in condizioni di parità più facili da difendere. Le società pubbliche locali potrebbero contribuire con le loro reti al servizio per i cittadini. Venezia avrebbe migliore connessione e così molti altri luoghi.
Altre considerazioni che si fanno a sostegno di una strategia di offerta che crea la domanda sono legate alla tendenziale diminuzione dei costi dovuta alla facilitazione degli scavi già approvata dal governo e alle nuove tecnologie via etere che si stanno facendo strada. Naturalmente, in questo settore, le discussioni tecniche e quelle politiche si intrecciano, spesso nell’incomprensione di tutti contro tutti. Non si riesce a sapere se questa volta prevarrà la strategia unitaria di un paese che ha bisogno di un ordine mentale forte e chiaro per ripartire, anche dal punto di vista delle infrastrutture di rete. Imho.
Caro De Biase,
su questa giusta teoria, che per altro gira dal ’93 dello scorso secolo, ci sono due considerazioni da fare:
1- Nessuno si potrebbe più lamentare della asimmetria sul mercato, e te lo vedi un italiano che non si può più lamentare? Meglio avere qualcuno a cui addebitare i propri insuccessi, l’Incumbernt se OLO, i costi della rete se Incumbent.
2- Abbiamo (come Italia, uso il plurale anche se molti la pensavano al contrario), sempre negli stessi anni, preferito investire massicciamente sul DVB-T oggi con la Pay-TV via etere, mentre altri paesi hanno preferito largamente investire sul cavo (ora rete IP ovunque) e relativi servizi ad abbonamento. In entrambi i casi con un livello di interattività molto marginale.
Temo che questi due argomenti rendano estremamente difficile ribaltare la situazione.
Sono d’accordo che come dice anche il prof Fuggetta “all’offerta seguono i servizi e la domanda”, ma rendiamoci conto che oggi quello che potrebbe fare cambiare di abitudine è un Netflix che rompa il duopolio Premium-Sky pur non avendo lo sport, FB, Twitter, Youtube e tutte le altre offerte presenti non sono in grado di spostareil baricentro verso “la rete”.
E se mi sbaglio, ne sarò felice.
Cordiali saluti
Caro De Biase,
su questa giusta teoria, che per altro gira dal ’93 dello scorso secolo, ci sono due considerazioni da fare:
1- Nessuno si potrebbe più lamentare della asimmetria sul mercato, e te lo vedi un italiano che non si può più lamentare? Meglio avere qualcuno a cui addebitare i propri insuccessi, l’Incumbernt se OLO, i costi della rete se Incumbent.
2- Abbiamo (come Italia, uso il plurale anche se molti la pensavano al contrario), sempre negli stessi anni, preferito investire massicciamente sul DVB-T oggi con la Pay-TV via etere, mentre altri paesi hanno preferito largamente investire sul cavo (ora rete IP ovunque) e relativi servizi ad abbonamento. In entrambi i casi con un livello di interattività molto marginale.
Temo che questi due argomenti rendano estremamente difficile ribaltare la situazione.
Sono d’accordo che come dice anche il prof Fuggetta “all’offerta seguono i servizi e la domanda”, ma rendiamoci conto che oggi quello che potrebbe fare cambiare di abitudine è un Netflix che rompa il duopolio Premium-Sky pur non avendo lo sport, FB, Twitter, Youtube e tutte le altre offerte presenti non sono in grado di spostareil baricentro verso “la rete”.
E se mi sbaglio, ne sarò felice.
Cordiali saluti
Una verità parziale che non trova spazio nelle notizie nazionali ,dei buoni proponimenti “del si può o meglio si potrebbe fare” è quella accertata sul campo, e cioè la disfunzione connettiva è ancora troppo lontana dalle esigenze di mercato . Ci sono ancora molti, troppi paeselli “periferici” cablati male ,in disfunzione, che non n hanno ad oggi un servizio adeguato alle domanda e aspettative generiche, e che i medesimi si rivolgono alle ditte private che il servizio lo garantiscono (es.NGI per la nostra zona)e quindi non potranno mai essere questi soggetti risorse pro concorrenza. Gli operatori procacciatori sono disarmanti ,probabilmente non possiedono neanche le mappe di connessione reale ,e pretendono di allargare l’offerta delle risorse,quando queste non sono esistenti realmente; istruendo i ragazzi disinformati pure della zona che andranno a sondare(suscitando perplessità verso l’impresa mittente .E quando ai medesimi gli fai notare che non esiste neppure la connessione adsl(stralunano). Altro esempio di non poco conto è il servizio scadente che PT italiane riserva ai suoi clienti, viaggiando alla stratosferica velocità della lumaca scalza,(paesi periferici in “disuso”) quando non ti dicono, che hanno il sistema bloccato da guasto sulla linea sovraccarica ,ma da cosa mi domando.Le risposte di servizio, sono ben lontane dalle televisionate pubblicità che tenderebbero a mostrare una super efficenza. E nei paesi piccoli,ormai sguarniti di negozi basilari, si dovrebbe sapere, avendo lo sguardo oltre il muro dell’ufficio dirigenziale, quanto potenziale potrebbe assumere e risultare essere un terreno cosi disarmato e molto fertile se si fosse più accorti.Stiamo andando(gli altri ci vanno di sicuro) verso nuove tendenze economiche di mercato, teorizzate anche dall’economista Rifkin,in cui io credo,guardando le linee, nella seppur parziale verità teorizzata. Ma per fare questo bisognerebbe assumere il coraggio dei “caporali coraggiosi”(PIM) che la pelle la conoscono poro per poro,praticando il campo d’azione ma in balia dell’ inefficenza causata come suddetto.Comunque ,dividere i servizi ma facendo squadra in offerte potrebbe essere una soluzione,almeno da tentare,anche con la cassa deposito prestiti divenuta “ai debiti” d’impresa. E poi abbiamo sempre la carta carota da giocare 19,99 tutto compreso, anche se sono in realtà più di 20,00 ma questo è quanto di noi si pensa nei quartieri alti bilocati.