Una volta la disinformazione si faceva mettendo in giro notizie false. Oggi si fa mettendo in giro proposte di legge e varie pseudodecisioni che, per quanto poco sostenibili o realizzabili o ipercontroverse, generano una confusione significativa nella mente dei consumatori e delle piccole imprese, intimoriscono i navigatori meno pazienti nell’informarsi sui loro diritti, limitano l’innovazione e la fiducia nella rete. La semplicità normativa è un principio fondamentale cui tendere se si vuole innovare. La confusione normativa è una pratica molto efficace se si vuole conservare.
In Italia questo avviene per piccole mosse sagaci. Non stiamo parlando dell’arrivo del nuovo regolamento Agcom sul diritto d’autore, che peraltro non mancherà di generare altre controversie e incertezze. Stiamo parlando per esempio della strana battaglia in commissione parlamentare, sfociata nel respingimento degli emendamenti che dovevano cancellare alcune norme-strascico venute fuori con la webtax e non ancora abolite: lo spettro della webtax resta in alcune regole residue (Webnews). E poi stiamo parlando dello stillicidio di dibattiti sul cyberbullismo, delle storie che connettono qualche social network al crimine, del discorso ripetuto secondo il quale i troll sono una forma di violenza da bloccare con nuove norme e così via: non hanno alcuna importanza ma rendono l’idea di internet insicura per i meno avvezzi. Ma si tratta di questioni adatte a un contesto abbastanza analfabeta dal punto di vista digitale.
Il peggio è a livello europeo. Lo scontro sulla net neutrality è ampio e altrettanto confuso. Si vota in parlamento sulle idee della Kroes relative alla riforma del mercato delle telecomunicazioni. Cioè si vota sull’avanzata delle richieste delle lobby delle grandi compagnie di telecomunicazioni e sulle idee dei sostenitori della rete internet aperta, standard, neutrale, dunque generatrice di innovazione.
Sta di fatto che la confusione ha un effetto conservatore devastante in un paese predisposto alla conservazione. La quantità di lavoro che serve ai piccoli provider per corrispondere alle richieste della burocrazia è straordinariamente soffocante, come è stato detto oggi al convegno dell’Aiip. Ogni giorno una o più comunicazioni a qualche autorità competente su qualcosa. Si legifera e si norma a suon di pezze, non per tenere insieme un tessuto che nessuno capisce, ma per tamponare questa o quella preoccupazione di qualche politico o burocrate o lobbista. La “rule of law”, la riduzione dello spazio di azione arbitraria di qualche potente, in un disegno semplice da interpretare, è una precondizione importante per innovare. Altrimenti, la fatica raddoppia.
Però, si direbbe che la quantità di innovatori in azione stia arrivando a una massa critica importante. Dovrebbe favorire l’avvento di una grande semplificazione.
Alla confusione contribuiscono fortemente giornalisti e blogger del settore che – per dinamiche classiche del Chomskian propoganda model, per la complessitá delle questioni, ignoranza e arroganza – diffondono radicale ignoranza.
Anzi, quelle grandi imprese, senza tali giornalisti, ovvero le strutture di “political economics of media” che ci sono dietro, non riuscirebbero a fare tale confusione.
Quei pochi che ci capiscono dovrebbe attaccare gli altri media per quello che sono: totali ignoranti e/o totali venduti.
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[…] I nemici della rete hanno imparato dalla guerriglia: usano a loro favore la complessità facendo confusione ::: Luca De Biase […]
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